Israele lancia la grande offensiva a Gaza, raid massiccio nello Yemen. Proteste contro Netanyahu

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La notte scorsa, il governo israeliano ha dato il via libera alla tanto annunciata operazione militare su larga scala nella Striscia di Gaza contro Hamas. Un piano ambizioso, che prevede la conquista e il controllo di ampie porzioni del territorio, accompagnato da un massiccio spostamento della popolazione civile verso il sud della Striscia.

Il piano militare e la tensione interna

Il progetto, ribattezzato “Operazione Carri di Gedeone” in riferimento alla figura biblica che guidò un piccolo esercito contro un nemico più numeroso, è stato reso noto da un funzionario anonimo molto vicino all’esecutivo di Gerusalemme. L’annuncio ha scatenato il panico tra i familiari degli ostaggi, che temono per la sorte dei loro cari. La tensione nel Paese è salita alle stelle, con proteste davanti alla Knesset e appelli ai riservisti a rifiutare la chiamata alle armi.

Per placare le preoccupazioni, i vertici militari hanno fornito chiarimenti a Yedioth Ahronoth, il quotidiano più letto in Israele: l’offensiva sarà “ampia ma limitata”, escludendo le zone dove si sospetta la presenza degli ostaggi. L’obiettivo è passare da semplici incursioni a una presa di controllo parziale del territorio, con particolare attenzione alla bonifica dei tunnel sotterranei, finora neutralizzati solo per un quarto.

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L’attesa prima dell’offensiva e il ruolo di Trump

L’operazione non partirà subito. L’esercito israeliano attenderà la conclusione del viaggio del presidente americano Donald Trump nei Paesi del Golfo, previsto dal 13 al 16 maggio. Israele concede così una finestra di dieci giorni a Hamas per accettare un ultimatum: tregua e rilascio degli ostaggi, altrimenti scatterà l’offensiva.

Nel frattempo, è previsto un trasferimento di massa della popolazione civile dal nord e centro Gaza verso il sud, in aree dove saranno allestite strutture di accoglienza. Israele intende inoltre introdurre aiuti umanitari sotto stretto controllo, affidando la distribuzione a società private, probabilmente americane. Trump ha sottolineato: “Li aiuteremo ad avere il cibo. Sono affamati, e Hamas li tratta molto male”.

Il premier Netanyahu e le divisioni interne

Nel pomeriggio, il premier Benjamin Netanyahu ha diffuso un video messaggio in cui ha annunciato: “Lanceremo un’operazione massiccia a Gaza per sconfiggere Hamas e liberare gli ostaggi. Questa volta l’esercito non entrerà e uscirà come in passato, ma le forze di riserva rimarranno nel territorio occupato”.

Non mancano però le tensioni interne. Il capo di stato maggiore Eyal Zamir ha avvertito dei rischi di perdere gli ostaggi con un’operazione su vasta scala, mentre il ministro di ultradestra Bezalel Smotrich ha spinto per sfruttare la guerra per ristabilire gli insediamenti israeliani nella Striscia, smantellati nel 2005. Le proteste di familiari e manifestanti davanti agli uffici del governo a Gerusalemme si sono concluse con scontri con la polizia, a testimonianza del clima sempre più teso nel Paese.

La risposta militare israeliana allo Yemen

In serata, a poche ore dall’annuncio dell’offensiva, l’aviazione israeliana ha risposto al missile lanciato dagli Houthi che aveva colpito l’aeroporto di Tel Aviv, superando i sistemi di difesa israeliani. In coordinamento con gli Stati Uniti, 50 bombe hanno colpito il porto di Hodeida, nello Yemen, scalo strategico per il traffico di armi iraniane. Il bilancio provvisorio è di almeno due morti e 42 feriti.

Israele ha lanciato un chiaro avvertimento: “Raid massiccio, non sarà l’ultimo. I giochi sono finiti”. La mossa segna un allargamento del conflitto a un altro fronte, con implicazioni regionali di vasta portata.

Teheran smentisce, ma accusa Washington

Intanto, il ministero degli Esteri iraniano ha respinto con fermezza le accuse di essere dietro le azioni militari degli Houthi, definendo il sostegno yemenita ai palestinesi “una decisione indipendente, radicata nella solidarietà umana e islamica”. Teheran ha invece puntato il dito contro gli Stati Uniti, accusandoli di “essere entrati in guerra contro il popolo yemenita per sostenere il genocidio commesso dal regime sionista” e di aver commesso crimini di guerra con i raid in Yemen.

La situazione rimane estremamente volatile. Da una parte, Israele si prepara a una delle operazioni militari più vaste degli ultimi anni, con l’obiettivo di annientare Hamas e liberare gli ostaggi. Dall’altra, il conflitto si estende oltre i confini di Gaza, coinvolgendo attori regionali e internazionali, mentre la popolazione civile continua a pagare il prezzo più alto. La comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione, temendo un’escalation incontrollabile in Medio Oriente.