La lingua dei Rohingya diventa digitale

19 dicembre 2017

Una buona notizia per il popolo Rohingya. La lingua della minoranza musulmana birmana, perseguitata e costretta all’esilio in Bangladesh da quella che l’Onu ha definito una vera e propria operazione di “pulizia etnica”, è stata inclusa nell’ultimo aggiornamento del codice Unicode Standard, il sistema di codifica mondiale che trasforma le lingue scritte di tutto il mondo in caratteri e numeri digitali. Si tratta di una importante rivoluzione; per decenni i Rohingya non sono stati neanche riconosciuti dalla madre patria, ora, invece, mentre ancora continua lo stato di persecuzione che li ha costretti ad allontanarsi dal proprio Paese d’origine, potranno finalmente scambiarsi messaggi e-mail o sms usando la propria lingua, una sorta di dialetto bengalese, sconosciuta alla maggior parte della popolazione buddista birmana. “Se un popolo non ha una propria lingua scritta è più facile negare la sua stessa esistenza”, ha spiegato Mohammad, un insegnante che negli anni ’80 aveva sviluppato un primo embrione di scrittura rohingya.

Chiaramente i profughi Rohingya al momento devono affrontare preoccupazioni ben peggiori che effettuare una ricerca su Google o inviare un tweet, anche perché la maggior parte di loro non possiede neanche gli strumenti tecnologici o la preparazione culturale per farlo. Tuttavia, si tratta di un importante passo avanti proprio per il riconoscimento e la sopravvivenza di questa parte della popolazione birmana, soprattutto in un Paese che, riferendosi a loro come “bengalesi intrusi”, addirittura si rifiuta di pronunciare il loro nome, come accaduto durante la recente visita in Myanmar di papa Francesco. La minoranza birmana è stata cacciata con violenze, stupri e omicidi dallo stato meridionale del Rakhine, in Myanmar e circa 800 mila persone sono state costrette a a trovare rifugio in campi di fortuna in Bangladesh. Nonostante un accordo per un loro progressivo rientro in patria, al momento la maggior parte dei profughi vive ancora in condizioni di estrema precarietà.

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