La riforma della prescrizione è una polpetta avvelenata

La riforma della prescrizione è una polpetta avvelenata
Alfonso Bonafede e Luigi Di Maio
10 novembre 2018

Sono tra coloro che schiumano di rabbia quando seguono la cronaca di processi trascinati all’infinito dagli avvocati solo per raggiungere l’agognata prescrizione. Per difendersi, cioè, dal processo e non nel processo. Sono quindi più che favorevole a una riforma di un istituto legislativo sacrosanto (non si può essere processati all’infinito) ma purtroppo sottoposto ad abusi continui.

Ma la legge è un tema delicato, fatto di pesi e contrappesi. Riformare la prescrizione con un emendamento a un disegno di legge di argomento diverso come lo “spazza-corrotti”, senza ricalibrare altri fattori come la durata delle indagini preliminari etc, significa fare un cattivo servizio alla comunità. Erano queste le ragioni di chi criticava l’accelerazione del MoVimento 5 Stelle sulla prescrizione, almeno dei critici in buona fede. Poi il governo ha trovato una mediazione. E, siccome la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni, un compromesso apparentemente attendista rischia di rivelarsi assai peggiore del male che voleva curare.

In pratica, la riforma della prescrizione verrà votata adesso così come l’ha voluta il Guardasigilli Alfonso Bonafede – con lo stop dopo la sentenza di primo grado – ma entrerà in vigore solo dal gennaio 2020, insieme a una “rivoluzionaria” riforma del processo penale. Due domande: se entrerà in vigore nel 2020, che fretta c’era di approvarla adesso? E se l’epocale riforma del processo penale non dovesse essere fatta, cosa ne sarà della prescrizione? La risposta alla prima domanda è semplice: Di Maio e i Cinquestelle avevano bisogno di un’altra bandierina da piantare in vista delle Europee, e poco importa che tra il dire e il fare ci sia di mezzo un anno e più. E’ lo stesso meccanismo adottato per il reddito di cittadinanza. La povertà è stata abolita a metà settembre, peccato che dei dettagli del sussidio universale ancora non si sappia nulla e non lo si saprà almeno fino a Natale.

In quanto alla seconda domanda, ha una risposta ugualmente scontata. Perché è quasi sicuro che l’epocale riforma del processo penale nel 2019 non avrà visto la luce. Perché probabilmente il governo non sarà più lo stesso dopo le Europee e potremmo doverci recare nuovamente alle urne. E se anche così non fosse, questa maggioranza non riuscirebbe mai a scrivere una riforma del genere. Basti pensare a quante frizioni ci sono state su un singolo emendamento, figurarsi su un provvedimento più complesso. A fine 2019, insomma, ci troveremo alla vigilia dell’entrata in vigore di una prescrizione riformata senza che altri meccanismi processuali siano stati “oliati”. E il governo che sarà in carica dovrà decidere se bloccare quella norma – attirandosi gli insulti del solito popolo anti casta e anti tutto – oppure lasciare che entri in vigore facendo il male della comunità. Una polpetta avvelenata, insomma. Per qualche misero voto in più.

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