Morto Kazimierz Albin, sopravvisse ad Auschwitz grazie al tedesco

24 luglio 2019

È morto a 96 anni Kazimierz Albin, cittadino polacco non ebreo, ultimo sopravvissuto del primo convoglio di prigionieri inviato dai nazisti nel campo di Auschwitz. Nato nel 1922, Kazimierz Albin fu arrestato dai tedeschi nel gennaio 1940 in Slovacchia quando tentò di fuggire dalla Polonia occupata. Il 14 giugno 1940 fu deportato ad Auschwitz con il primo convoglio di prigionieri polacchi.

Tatuati dal 31 al 758, a Kazimierz Albin toccò il numero 118. Albin fu uno dei 140.000-150.000 prigionieri polacchi non ebrei di Auschwitz, la metà dei quali morì sul posto, secondo le stime. Nel 1942 i nazisti trasformarono Auschwitz in un campo di sterminio. Kazimierz Albin sopravvisse grazie alla sua conoscenza del tedesco che gli garantì un posto da cuoco. “Se un prigioniero non capiva il tedesco – ha raccontato in una delle sue interviste – e non poteva eseguire un ordine delle SS o di un Kapò, poteva essere ucciso immediatamente. Se non avessi parlato tedesco, probabilmente oggi non sarei qui”.

Nato nel 1922, Kazimierz Albin fu arrestato dai tedeschi nel gennaio 1940 in Slovacchia quando tentò di fuggire dalla Polonia occupata. Il 14 giugno 1940 fu deportato ad Auschwitz con il primo convoglio di prigionieri polacchi. Il 27 febbraio 1943, fuggì con molti altri prigionieri polacchi, attraversando nudo a nuoto a -10 gradi un fiume parzialmente ghiacciato. Si unì alla resistenza. Dopo la guerra, superato il diploma di maturità studiò presso il dipartimento dell’aviazione della Scuola Politecnica di Cracovia. In seguito lavorò come ingegnere.

E’ stato uno dei membri del Consiglio internazionale di Auschwitz, organo consultivo del premier polacco, responsabile della supervisione del sito commemorativo. Circa 1,1 milioni di persone furono sterminate ad Auschwitz-Birkenau fino alla sua liberazione avvenuta il 27 gennaio 1945, tra cui un milione di ebrei. “Kazimierz Albin considerava suo principale dovere e compito quello di parlare di Auschwitz e dei suoi compagni assassinati: ha scritto libri, parlato, viaggiato e incontrato giovani in molti paesi. Per lui era particolarmente importante farsi ascoltare in Germania“, ha sottolineato il vice direttore esecutivo del Comitato, Christoph Heubner.

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