Palermo, il “nuovo” non convince e Orlando piglia tutto. Anche il Consiglio

12 giugno 2017

L’eterna ‘Primavera’ di Leoluca Orlando. La legge elettorale siciliana gli consegna per la quinta volta la poltrona di primo cittadino di Palermo. Appare chiaro un risultato saldamente acquisito con circa il 46%. “Ha vinto il civismo politico”, oltre i partiti e chiaro avvertimento a questi, ha rivendicato Orlando che alle formazioni che lo hanno sostenuto ha imposto di mettere da parte i simboli. E cosi’ e’ stato: a salire sul suo carro che si annunciava gia’ da vincitore con ragionevole certezza, uno schieramento composito di civiche in senso stretto, Sinistra Comune ed espressioni politiche variegate: dal Pd – reduce da cinque anni di opposizione convinta in Consiglio comunale – ad Alternativa popolare; dem e alfaniani hanno costruito un contenitore ad hoc, Democratici e popolari. Cosi’ ecco il “Modello Palermo” come lo ha subito battezzato l’antico e nuovo sindaco che evoca Macron e secondo cui “puo’ ispirare anche il contesto nazionale, qualora voglia farsi contaminare dall’esperienza palermitana”. Un “Modello Palermo” che va verso un bottino pieno anche al consiglio comunale. Fabrizio Ferrandelli, l’eterno secondo: lo era stato anche cinque anni fa, quando guidava il Pd: questa volta il leader dei Coraggiosi, indagato per voto di scambio politico-mafioso, al quale i dati parziali consegnano un dato superiore al 31%, ha indossato ben altri panni, quelli presi in prestito da Forza Italia di Gianfranco Micciche’, dal Cantiere popolare di Saverio Romano, convinti alla sua causa dall’ex governatore Toto’ Cuffaro, in sala regia in questa avventura dopo i quasi cinque anni scontati a Rebibbia per favoreggiamento alla mafia, e l’Udc di Lorenzo Cesa.

E intorno al 16% si trova il pentastellato Ugo Forello, delusa vittima di un M5S diviso e stordito dalle inchieste, con i nutiani che hanno remato certamente contro. Tutto passa. Tranne Orlando. Gia’ sindaco tra il 1985 e il 1990 con la Dc, a capo di un esacolore; poi, contro il gigante scudocrociato e i suoi capi, alla guida del suo Movimento per la democrazia La Rete, ottenendo nel 1993 una vera e propria incoronazione, sull’onda del 75% dei consensi e delle suggestioni della ‘Primavera di Palermo’; quindi, nel 1997, con il 58,5%. Nel 2007, in lizza per il centrosinistra e’ stato sconfitto dal candidato del Pdl Diego Cammarata. Nel 2012 la quaterna sotto le insegne di Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, ma sempre pronto a dire che “Palermo e’ il mio partito”: il ballottaggio gli e’ valso allora il 72,43%: 158mila i palermitani che hanno segnato il suo nome, oltre 50 mila in piu’ rispetto al primo turno e quasi 100 mila in piu’ rispetto al suo competitore, Fabrizio Ferrandelli. Con me inizia la Terza Repubblica – aveva commentato un lustro fa Orlando – la mia vittoria e’ una risposta all’antipolitica e uno schiaffo in faccia al sistema dei partiti. Questi adesso capiscano la lezione di Palermo o ne pagheranno le conseguenze in termini di consenso”. Sembrano parole di oggi e a quelle di oggi assomigliano: “Da Palermo – ribadisce cinque anni dopo – arriva un segnale molto forte all’intero Paese: che il mondo e’ cambiato e chi non lo capisce rimane chiuso o dentro una scatola dell’apparato o in piazza a protestare”.

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