Palermo, omicidio Bosio, in appello ergastolo boss Madonia

27 marzo 2017

Condanna all’ergastolo per il boss mafioso Nino Madonia, ritenuto il mandante dell’omicidio del medico legale Sebastiano Bosio, ucciso il 6 novembre 1981. La sentenza – emessa dalla Corte di assise di appello di Palermo presieduta da Biagio Isacco – accoglie le richieste dell’accusa sostenuta dal sostituto procuratore generale, Domenico Gozzo che nel novembre scorso aveva chiesto la condanna all’ergastolo. In primo grado, nel 2011, il boss ritenuto il reggente del mandamento palermitano di Resuttana, era stato assolto. Secondo l’accusa “Madonia non solo ha eseguito ma anche organizzato e pianificato l’omicidio. La Corte ha anche stabilito una provvisionale da 200.000 euro per la moglie, 100.000 euro ciascuno per le due figlie e 10.000 in favore dell’ordine dei medici. I familiari e l’ordine dei medici si erano costituiti parte civile. La famiglia era rappresentata dagli avvocati Roberta Pezzano, Fausto Amato e Carmelo Miceli. L’avvocato Mauro Torti ha rappresentato l’Ordine dei medici.

Ergastolo, dunque, trentacinque anni dopo: la seconda sezione della Corte d’assise d’appello di Palermo ha ribaltato l’assoluzione di primo grado e condannato il superkiller Nino Madonia. Il collegio presieduto da Biagio Insacco, a latere Roberto Murgia, ha accolto in pieno il ricorso del pg Domenico Gozzo e delle parti civili, riconoscendo la colpevolezza del figlio del patriarca del mandamento di Resuttana, Francesco Madonia, morto alcuni anni fa. I giudici hanno ritenuto che Nino Madonia avesse assassinato Bosio per vendetta, dato che si trattava di un medico integerrimo, non disponibile ne’ a ricoveri facili di detenuti ne’ ad operare in clandestinita’ mafiosi feriti.Secondo la ricostruzione dell’accusa, oggi accolta dalla Corte d’assise d’appello, Madonia potrebbe essere stato mandante ed esecutore materiale del delitto, dato che, secondo una perizia dei carabinieri del Ris, l’arma usata per assassinare Bosio fu usata sette mesi dopo per un duplice omicidio (vittime Francesco Chiazzese e Giuseppe Dominici, uccisi il 5 giugno 1982) certamente commesso dallo stesso Antonino Madonia. Il killer, tra l’altro, era reggente del mandamento al posto del padre e in quel periodo i delitti eccellenti dovevano essere tutti autorizzati dal capo. Uno dei possibili moventi fu un’operazione non riuscita bene su Pietro Fascella, uomo d’onore della famiglia di Santa Maria di Gesu’, e le cure poco efficaci su Vittorio Mangano, boss di Porta Nuova, noto come “lo stalliere di Arcore”, dato che lavoro’ per Silvio Berlusconi. “Bosio non era un medico a disposizione di Cosa nostra”, hanno detto i pentiti. Ci sono voluti trent’anni, per riaprire il caso: la Procura aveva chiesto l’archiviazione e per due volte il Gip Pasqua Seminara aveva detto di no, imponendo, di fatto, la celebrazione del dibattimento. I familiari di Bosio si sono costituiti parte civile, in primo grado con l’assistenza dell’avvocato Roberto Avellone e ora degli avvocati Roberta Pezzano, Fausto Amato e Carmelo Miceli. A loro e’ toccata una provvisionale complessiva di 400 mila euro. Parte civile anche l’Ordine dei medici di Palermo, costituito con l’avvocato Mauro Torti, che ha avuto diecimila euro.

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