Papa Francesco torna in Piazza San Pietro: l’Urbi et Orbi e il grido per la pace

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Papa Francesco

Roma, Piazza San Pietro gremita come non mai. L’attesa è palpabile, i fedeli si stringono sotto il sole primaverile. Passano i minuti, e dopo mezzogiorno arriva la conferma: Francesco c’è.

Nonostante i problemi di salute degli ultimi mesi, il Papa non si sottrae a uno degli appuntamenti più solenni del suo ministero, la benedizione Urbi et Orbi. Quando appare alla Loggia centrale, la piazza esplode in un applauso. Poche parole, ma cariche di significato: “Cari fratelli e sorelle, buona Pasqua”. Poi affida al cerimoniere monsignor Ravelli la lettura del messaggio pasquale.

E dopo la benedizione, il gesto che tutti speravano: il giro in papamobile tra la folla, il primo dopo il ricovero di marzo. Francesco sorride, saluta, benedice. Un’onda di affetto che cancella, almeno per un giorno, le preoccupazioni per la sua salute.

“Basta guerre, basta violenze”: l’appello del Papa

Il cuore del discorso è un j’accuse contro le troppe crisi che insanguinano il mondo. Francesco non usa mezzi termini: “C’è una volontà di morte che alimenta i conflitti”, dice, e punta il dito contro l’indifferenza verso i più deboli: migranti, poveri, donne vittime di violenza. “Quanti femminicidi, quanta crudeltà anche tra le mura di casa”, aggiunge, con tono fermo.

Poi la svolta politica: “La pace non si costruisce con le armi”. Il monito è chiaro, soprattutto ai governi: “Difendersi è legittimo, ma la corsa al riarmo è una follia”. E attacca la logica dei potenti: “Non cedete alla paura che divide”. Perché in guerra, ricorda, “a morire non sono bersagli, ma persone”.

Dalla Palestina all’Ucraina, il grido per le vittime dimenticate

Francesco fa nomi e cognomi, elencando le crisi che il mondo sembra aver rimosso:

  • Medio Oriente: “Fermatevi, per favore”, implora parlando di Gaza, dove “la gente muore di bombe e di fame”. E condanna l’antisemitismo che riaffiora nel mondo.
  • Ucraina: “Serve una pace giusta, non una tregua armata”.
  • Africa: Congo, Sudan, Sahel. “Quante guerre dimenticate”, sussurra.
  • Myanmar: “Un popolo già stremato, ora colpito dal terremoto”.
“La Pasqua sia la fine delle prigioni ingiuste. Liberate i prigionieri di guerra, ma anche quelli politici. Perché la Pasqua è la festa della libertà. Prendiamoci cura gli uni degli altri. Solo così nascerà la pace.”

Un discorso che suona come un testamento morale, in un mondo sempre più diviso. Francesco, nonostante la fatica, non smette di sperare. E di lottare.