Da Pd a Lega, a Torino il pressing per il sì alla Tav. E l’Ue minaccia: avanti o stop finanziamenti

Da Pd a Lega, a Torino il pressing per il sì alla Tav. E l’Ue minaccia: avanti o stop finanziamenti
27 luglio 2018

Alta tensione all’ombra della Mole sulla Torino-Lione, dopo le indiscrezioni di stampa sul governo, che sarebbe convinto a stoppare la cosiddetta Tav. Palazzo Chigi frena: decisione non ancora presa. Ma la posizione del M5S, da sempre ostile all’opera, è nota e lo spauracchio che la Torino-Lione possa essere archiviata torna ad agitare la politica locale e gli industriali torinesi. Il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, sul tema non ha mai lasciato spazio ad equivoci, a inizio giugno aveva detto: “Finché sono qui prima di bloccare la Torino-Lione devono passare sul mio corpo”, e oggi è tornato sul punto: “Il governo gioca contro il Piemonte, serve un moto d’orgoglio”.

Chiamparino si dice pronto a chiamare a raccolta a Torino, dopo la pausa estiva, “tutte le rappresentanze economiche, sociali, istituzionali e politiche per far risuonare chiare e forti le voci della società piemontese a favore dell’opera” e solletica i leghisti affinché “insorgano per bloccare questa deriva antipiemontese”. L’ex sindaco di Torino, Piero Fassino scende in campo in difesa dell’infrastruttura: “Se si blocca la Tav il corridoio ferroviario che attraversa l’Europa, da Mosca all’Atlantico sarà realizzato passando a Nord dell’Italia, che così verrà tagliata fuori da flussi strategici di persone, tecnologie e merci con danni enormi per l’intero Paese. Una follia! Questa sì va fermata”.

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Ancora più dura la reazione dall’Unione Industriale di Torino. ‘Siamo allibiti di fronte valzer di posizioni in merito al futuro della Tav portato avanti dagli esponenti dell’Esecutivo – ha detto il presidente Dario Gallina – Bloccare l’opera avrebbe conseguenze drammatiche”. Gallina snocciola i numeri sugli scambi Francia-Italia nel 2007, che hanno ‘raggiunto il livello record di 76,6 miliardi di euro, corrispondenti a 40 milioni di tonnellate, in aumento dell’8,3% rispetto al 2016, con saldo attivo per le esportazioni italiane”, con buona pace di chi tra i detrattori dell’opera dice che il traffico verso il Frejus si è ridotto negli ultimi anni.

Quanto al mantra dei pentastellati sull’analisi costi-benefici dell’opera, Gallina non ha dubbi: “Sono già stati scavati 23 km di gallerie, pari al 14% dei 160 km totali; il 21% dei lavori è già sotto contratto, e, considerato il volume dei lavori, si prospetta un’occupazione di oltre 8 mila posti di lavoro nei cantieri. Al 7 giugno 2018, la spesa complessiva ammonta a 1,7 miliardi, spesi o impegnati per i lavori preliminari, mentre il totale degli stanziamenti italiani ammonta a 2,5 miliardi: circa quanto ci costerebbe recedere, senza però, alla fine, possedere un’opera fondamentale nei collegamenti internazionali”.

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E proprio sui numeri il Pd torinese, per bocca del segretario Mimmo Carretta e della presidente della Commissione Trasporti della Regione, Nadia Conticelli, lancia il guanto della sfida al ministro Toninelli: “venga alla Festa dell’Unità il 12 settembre per confrontarsi con noi”. “Il Sindaco Appendino non ha raccolto il nostro invito, speriamo che almeno Toninelli non si sottragga a un confronto’, hanno attaccato. Il 17 luglio scorso intanto Appendino, ricevuta dal ministro Toninelli, si è presentata a Roma con un dossier anti Tav. Mentre c’è chi come Paolo Foietta, Commissario straordinario del Governo per l’asse ferroviario Torino – Lione, si dice “sconcertato” e seccato, perché a fronte di diverse richieste di incontro, formali e non, indirizzate al ministro Toninelli non ha mai avuto risposta.

“Nessuna risposta neanche da personaggi dello staff. C’è il totale silenzio, che in questo momento mi innervosisce abbastanza. A fronte di post su Facebook molto pesanti e quasi offensivi sul nostro operato, mi sembrerebbe utile un chiarimento – ha detto – Reitero la richiesta di incontrare Toninelli, per fornirgli informazioni corrette sull’opera. Sulla base di quanto pubblicato sui social network mi risulta che non sia in possesso di informazioni corrette e recenti. Chiedo quindi di essere ricevuto per fornire dati, informazioni e chiarimenti, rispetto ad accuse, anche offensive”. E rimarca: mai parlato dai penali da pagare, ma “nel momento in cui l’Italia si tira indietro esiste un titolo per chiedere una restituzione delle somme già spese, sarebbe una cifra superiore al miliardo. A questa cifra vanno aggiunti 813 milioni concessi dall’Ue per il cofinanziamento dell’opera, denari che sono vincolati alla realizzazione di opere per 2 miliardi”. Tutto questo al netto di eventuali contenziosi giuridici internazionali e delle spese da quantificare per chiudere gallerie, già scavate e cantieri, ha spiegato Foietta.

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Ma per i pentastellati piemontesi si tratta di fake news. “Per quanto riguarda gli appalti già attribuiti non sussiste alcun diritto a richiedere penali’, ha dichiarato Francesca Frediani, consigliere regionale del M5S, citando l’articolo 2, comma 232 lettera c legge 191 del 2009 (Finanziaria 2010). ‘Inesistenti anche le penali nei confronti dell’Unione europea e della Francia. Basti citare il caso del Portogallo proprio con riferimento al corridoio mediterraneo: nel 2012 cancellò la propria tratta ad alta velocità da Lisbona a Madrid e né Bruxelles, né la Spagna richiesero indennizzi. In particolare, dalla lettura del precedente finanziamento Ue del 2008 si comprende che in casi giustificati ‘il beneficiario può in qualsiasi momento rinunciare a tutto o a parte del contributo informando la commissione per iscritto e con almeno 60 giorni di anticipo senza versare alcuna indennità”, ha aggiunto l’esponente pentastellata.

‘In definitiva la Valle di Susa, il Piemonte e l’intero Paese hanno solo da guadagnarci da uno stop all’opera. Le risorse risparmiate andranno investite su sanità, tutela del territorio, trasporto pubblico locale, cultura, scuola, strutture scolastiche e molto altro’, è la conclusione di Frediani. Una tesi che non trova alleati politici, al di fuori dei Cinquestelle. Anche a destra, in Forza Italia e nella Lega, a Torino covano i malumori sull’ipotesi che la Torino-Lione possa essere fermata. ‘Viene da chiedersi se è giusto imporre un prezzo così alto al Paese al solo scopo di tenere insieme la maggioranza giallo-verde e per mettere un’imbracatura alla giunta M5s di Torino ormai allo sbando. Mi rifiuto di credere che Salvini e la Lega possano accettare un simile ricatto da parte dei grillini la cui ideologia pauperista e giustizialista è agli antipodi del programma di centrodestra sottoscritto dalla Lega con Forza Italia e Fratelli d’Italia”, ha commentato Osvaldo Napoli, consigliere comunale di Forza Italia.

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I coordinatori di Lega e Forza Italia a Torino, Fabrizio Ricca e Davide Balena, parlano di “suicidio economico” e “fermo sostegno all’opera”. “È assurdo che si continui a mettere in dubbio l’utilità della linea ad alta velocità Torino-Lione. Anche nel contratto di governo non si parla affatto di tornare indietro sulle decisioni prese dall’Europa. La Tav è un progetto importante che non può dipendere dai cambiamenti di umore di alcuni esponenti del M5S i quali a volte dimostrano di essere più interessati all’opinione del popolo del No che al futuro del nostro Paese. Ha fatto bene Salvini a rimarcare che la Tav si farà e noi siamo pronti a confrontarci sull’argomento anche qui a Torino e in Piemonte”, ha detto il leghista Ricca.

“Non siamo contrari a rivisitazioni che migliorino il rapporto costi benefici di un’opera infrastrutturale a patto che queste non diventino un alibi per perdere tempo e compromettere la realizzazione dell’opera stessa; siamo certi delle buone intenzioni degli amici della Lega, ma siamo altrettanto certi della superficialità di alcuni esponenti grillini che pur di accontentare alcuni loro ipotetici riferimenti elettorali sarebbero pronti a sacrificare l’interesse di tutto il Paese”, ha messo in chiaro Balena. Quel che è certo è che per la Torino-Lione lavorano circa 800 persone, tra Italia e Francia. Fino ad oggi sono stati investiti circa 1,5 miliardi di euro per studi e progetti (che sono finanziati al 50% dall’Unione Europea, il 25% dall’Italia e il 25% dalla Francia). In totale entro il 2019 è previsto l’affidamento di appalti per un importo di 5,5 miliardi di euro. I lavori sono organizzati in 81 bandi di gara distribuiti su 12 cantieri operativi.

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Ma intanto arriva un avvertimento da Bruxelles. Nel caso in cui il governo italiano dovesse ritirarsi dal progetto Torino-Lione, la Commissione non ritiene che possa essere imposta una penalita’ dal 2 al 10% all’Italia. Ne’ l’Italia potrebbe essere esclusa da ulteriori finanziamenti infrastrutturali se dovesse decidere di uscire dal progetto Lione-Torino. Lo fanno sapere fonti della Commissione europea in riferimento proprio alla ipotesi che il governo decida di non proseguire nel progetto Tav.

Tuttavia, aggiungono le stesse fonti, la Commissione non esclude che chiedera’ all’Italia di rimborsare il contributo del Cef gia’ erogato. Il Cef e’ lo strumento finanziario utilizzato per migliorare le reti europee nei settori dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni. L’importo che sarebbe richiesto all’Italia, chiariscono da Bruxelles, non puo’ essere indicato in questa fase dato che sono interessati diversi accordi di concessione e una parte del finanziamento e’ stata attribuita a Telt (l’impresa responsabile del progetto).

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