Ecco perché gli analisti “vedono” il rischio recessione

Ecco perché gli analisti “vedono” il rischio recessione
9 dicembre 2018

Goldman Sachs ai primi di dicembre ha lanciato l’allarme sull’economia italiana sostenendo che nel 2019 il Pil non andra’ oltre un +0,4% e che nella prima parte del prossimo anno il nostro Paese rischia di “flirtare” con la recessione. Si tratta di previsioni piu’ negative di quelle del governo che per il 2019 stima una crescita dell’1,5%, ma inferiori anche a quelle di Ocse e Fmi, che prevedono rispettivamente un +0,9% e un +1%. Abbiamo quindi chiesto agli esperti di spiegarci come nascono queste stime e quali siano gli indici che gli analisti prendono in considerazione per formularle.

Il quadro che ne esce e’ piuttosto preoccupante. Intanto va detto che “ogni cuoco ha la sua ricetta”, anche se esistono delle procedure standard a cui gli analisti in genere si attengono. Gli indicatori piu’ importanti sono i cosiddetti “indici anticipatori”, in particolare il Pmi, o Purchasing managers index, cioe’ quegli indicatori mensili che in Europa vengono stimati da una societa’ di indagini indipendente, Ihs Markit, sondando i direttori agli acquisti. Si tratta di figure chiave, le quali, dovendo procurare alle aziende gli input che servono alla produzione, hanno il polso della situazione aziendale e si rivelano particolarmente affidabili nel tracciare e anticipare la congiuntura.

Per l’Italia, che e’ la seconda potenza industriale europea, l’indice Pmi piu’ importante e’ quello manifatturiero, che copre vari aspetti degli andamenti aziendali, dalla produzione agli ordini, dall’occupazione ai prezzi pagati e ricevuti, dalle aspettative alle scorte. Si tratta di indicatori congiunturali, rilasciati mensilmente e che tracciano previsioni trimestrali. Sopra i 50 punti l’indice segnala un’espansione dell’economia e sotto questa quota una contrazione. A novembre il Pmi manifatturiero ha registrato per l’Italia 48,6 punti, in peggioramento rispetto ai 49,2 punti di ottobre, cioe’ per due mesi consecutivi l’economia italiana registra una contrazione, soprattutto a causa dell’indebolimento dell’export, mentre anche l’indice a 12 mesi, meno significativo ma comunque rilevante, e’ crollato al livello piu’ basso dall’inizio del 2013.

A questi indici anticipatori gli analisti di solito abbinano altri indicatori, come per esempio l’Indice Ifo, l’Indice Zew, l’Indice Isae, o il Business climate indicator, che registrano la fiducia dei consumatori e quella delle imprese e che servono per misurare l’andamento dei consumi e quello degli investimenti. Anche questi indicatori, per l’Italia, non danno segnali positivi. Per esempio l’indice Zew che misura le aspettative sugli investimenti dell’economia italiana a ottobre si attesta a quota -43,4, in calo di 8,7 punti rispetto alla lettura di settembre. Il compito degli analisti o delle societa’ come Goldman Sachs e’ quello di mettere insieme questi dati e costruire delle previsioni. “La stima di Goldman di un Pil a +0,4% nel 2019 – spiegano gli analisti sentiti dall’Agi – e’ pessimistica ma non e’ campata in aria. Gli indici anticipatori a breve e quelli sulla fiducia mostrano un andamento negativo per i prossimi tre mesi. Probabilmente una stima a +0,6% o +0,7% per noi e’ piu’ realistica, ma comunque la previsione e’ che il Pil nel 2019 si attesti sotto l’1%”.

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