Perché Khamenei si considera vincitore contro Usa e Israele?
L’ayatollah riappare in video dopo una settimana di silenzio e lancia un messaggio di sfida all’Occidente.
Ali Khamenei
Dopo oltre una settimana di silenzio, l’ayatollah Ali Khamenei è tornato a farsi sentire con un video messaggio che suona come una dichiarazione di vittoria. La Guida Suprema iraniana, parlando alla nazione attraverso la televisione di Stato, ha rivendicato il successo della Repubblica islamica su due fronti: contro Israele e contro gli Stati Uniti.
“Ritengo necessario porgere alcune congratulazioni alla grande nazione dell’Iran per la vittoria sul falso regime sionista”, ha dichiarato Khamenei nel suo primo intervento pubblico dall’entrata in vigore del cessate il fuoco con Israele. Un messaggio che arriva in un momento delicato, quando la regione cerca ancora di metabolizzare gli ultimi sviluppi del conflitto mediorientale.
Le tre vittorie di Teheran
Il leader iraniano ha strutturato il suo discorso attorno a tre “congratulazioni” rivolte al popolo persiano. La prima riguarda quello che definisce il “crollo” di Israele: “Il regime sionista è quasi crollato ed è stato schiacciato sotto i colpi della Repubblica Islamica”, ha affermato con tono trionfante. La seconda vittoria rivendicata da Khamenei tocca direttamente Washington.
“Il regime americano è entrato in guerra aperta perché sentiva che, se non vi fosse entrato, il regime sionista sarebbe stato completamente distrutto”, ha spiegato la Guida Suprema, aggiungendo che “anche in questo caso, la Repubblica Islamica ha vinto e, in cambio, ha dato all’America un duro schiaffo in faccia”.
La terza congratulazione è rivolta all’unità nazionale iraniana: “Una nazione di circa novanta milioni di persone unite, con una sola voce, spalla a spalla, fianco a fianco, si è alzata in piedi e ha sostenuto le Forze armate”.
Trump nel mirino: “Ha esagerato tutto”
Particolarmente dure le parole riservate al presidente americano Donald Trump. Khamenei ha accusato il leader statunitense di aver fornito un resoconto “esagerato” dei raid americani contro i siti nucleari iraniani, sostenendo che gli attacchi “non sono significativi” e che Washington “non è riuscita a ottenere alcun risultato significativo”.
“Chiunque abbia sentito queste parole ha capito che c’è un’altra verità dietro queste parole: non sono riusciti ad agire e non hanno raggiunto il loro obiettivo prefissato”, ha dichiarato l’ayatollah, suggerendo che dietro la retorica americana si nasconda un sostanziale fallimento operativo.
La minaccia alle basi USA
Ma il messaggio di Khamenei non si è limitato alle rivendicazioni del passato. La Guida Suprema ha lanciato un chiaro avvertimento per il futuro: se l’Iran verrà nuovamente attaccato, colpirà ancora le basi statunitensi in Medio Oriente. Un riferimento diretto all’attacco già sferrato contro la base aerea di Al-Udeid in Qatar, una delle installazioni militari americane più strategiche della regione.
“La Repubblica islamica ha attaccato e danneggiato la base aerea di Al-Udeid, una delle basi chiave degli Stati Uniti nella regione”, ha ricordato Khamenei, mentre Washington avrebbe tentato di “minimizzare” l’accaduto secondo la versione iraniana.
Un messaggio di sfida all’Occidente
Il terzo video messaggio di Khamenei dall’inizio del conflitto con Israele rappresenta molto più di una semplice dichiarazione di vittoria. È un manifesto politico che ridisegna la narrazione iraniana degli ultimi eventi, presentando Teheran come l’unico vero vincitore di una partita a scacchi mediorientale che ha coinvolto le maggiori potenze regionali e globali.
La scelta di riapparire proprio ora, nel momento in cui la regione cerca una stabilizzazione dopo il cessate il fuoco, non è casuale. Khamenei vuole che il mondo sappia che l’Iran non solo è sopravvissuto alla pressione internazionale, ma si considera più forte di prima, pronto a nuove sfide se necessario.
La palla ora passa agli Stati Uniti e ai loro alleati, chiamati a decifrare se dietro le parole della Guida Suprema si nasconda una reale capacità di nuocere o semplicemente una strategia comunicativa per rafforzare il consenso interno. Una cosa è certa: in Medio Oriente, la partita è tutt’altro che chiusa.