promesse elettorali

8 gennaio 2018

Meno tasse, più lavoro e un paradisiaco welfare. Ma chi paga e come, non è dato sapere. Finora solo annunci. D’altronde, in campagna elettorale, il copione è sempre lo stesso. Impossibile, dimenticare il celeberrimo personaggio di Antonio Albanese, il sindaco Cetto La Qualunque, sempre pronto a inebriare l’elettore per smarcarsi dai problemi reali. E così, stime più accreditate, parlano di circa 130 miliardi di euro di promesse elettorali. Roba da far saltare in aria il più ricco Paese del Pianeta. E, tutto ciò, in barba al monito del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha richiamato i partiti al “dovere” di presentarsi agli elettori con proposte “realistiche e concrete”. Come non detto. E, scatta la corsa per accaparrarsi qualche voto in più. Ogni partito mette in bacheca il proprio annuncio. Il reddito di cittadinanza è il pallino del M5s. Una misura ‘acchiappa-click’ – per usare un linguaggio social – ma che rischia di restare utopia. I grillini, infatti, per mantenere l’impegno dovrebbero procurare circa 17 di miliardi di euro. E non certo con il gioco delle tre carte. Per il candidato premier, Luigi Di Maio, la copertura dovrebbe essere assicurata dal taglio delle agevolazioni fiscali, dall’aumento delle tasse su banche e assicurazioni e dalla tanto decantata spending review. Forza Italia, invece, punta sulle pensioni minime e sulla cancellazione dell’Irap. La prima promessa vale circa 18 miliardi. Somma che consentirebbe, secondo i forzisti, di portare le pensioni minime a 1000 euro. Misura rilanciata da Silvio Berlusconi, dopo la mossa vincente del passato con cui aveva portato a 500 euro il minimo sussidio. Servirebbero 13 miliardi, invece, per la cancellazione dell’imposta regionale sulle attività produttive. Un’abolizione graduale, trasformandola da subito in una addizionale all’Ires. A elargire bonus, c’è anche il Pd. Matteo Renzi rigioca la carta delle 80 euro, estendendoli alle famiglie con più figli. In modo approssimativo, la proposta renziana costerebbe 5,7 miliardi che si andrebbero a sommare a circa altri 15 miliardi, per attuare la rimodulazione dell’Irpef, tanto bandita dallo stesso Pd, in questa campagna elettorale. Per i dem, bisognerebbe intervenire sull’imposta delle persone fisiche, tutelando principalmente le famiglie con figli. Sulla rimodulazione dell’Irpef ci crede anche il M5s. Nel mirino dei pentastellati le tax expenditure e il meccanismo di detrazione e di deduzioni che oggi garantiscono la progressività dell’Irpef. Proprio in quest’ottica, la proposta grillina punta a abolire ogni forma di riduzione di imposta per i titolari di redditi sopra i 90mila euro. Come per il reddito di cittadinanza, anche in questo caso, per i grillini la possibile copertura dal taglio delle spese fiscali e dall’aumento delle imposte su banche e assicurazioni. Poi ci sono gli annunci della Lega, non certo meno ambiziosi e meno costosi. Infatti, per abolire la legge Fornero, Matteo Salvini dovrebbe procurare ben 140 miliardi. Cifra molto più che attendibile, se si pensa che è lo stesso Inps a comunicarla. Cancellare la norma, come intende la Lega, vuol dire un abbassamento di due o tre anni degli attuali requisiti per accedere al pensionamento di anzianità o di vecchiaia. E, allo stesso tempo, cadrebbe anche il meccanismo automatico di adeguamento alla speranza di vita dei trattati pensionistici. Salvini, questa volta assieme a Renzi, scommette anche sull’uscita dal fiscal compact. In pratica, la proposta che l’Italia dovrebbe formulare all’Europa è quella di tornare per cinque anni ai parametri di Maastricht con il deficit al 2,9%. Secondo i due leader, ciò permetterebbe al nostro Paese di avere a disposizione oltre 20 miliardi per i prossimi 5 anni per ridurre le tasse. Spesso la politica fa i conti senza l’oste, promettendo, senza tener conto, del permanere di una grave situazione finanziaria che ha nel nostro debito pubblico, status che non consente all’Italia di aver sconti dall’Ue. In primavera, si avrà un primo assaggio a prescindere di chi andrà a Palazzo Chigi. L’Italia, infatti, dovrà confrontarsi con Bruxelles per circa 4 miliardi di correzione e, in merito alla prossima legge di Bilancio, per una decina di miliardi da recuperare per impedire l’aumento dell’Iva previsto dalle clausole di salvaguardia. Scenario che fa a pugni con gli annunci da 130 miliardi sbandierati dai politici. Niente più tasse universitarie, intanto, promette il Leader di LeU, Pietro Grasso. Che tradotto in soldoni, significa togliere altri 1,6 miliardi dalle casse dello Stato. Niente più canone Rai, aveva annunciato a prima botta Renzi, il che avrebbe prosciugato di altri 2 miliardi i conti pubblici. E c’è anche chi promette niente più bollo auto, altri sei miliardi in meno per le casse statali. Ma chi paga e come, non è dato sapere.

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