Quarant’anni fa l’arresto di Tortora. Oggi è simbolo di malagiustizia

Quarant’anni fa l’arresto di Tortora. Oggi è simbolo di malagiustizia
Enzo Tortora
18 giugno 2023

Quarant’anni fa, all’alba del 17 giugno 1983, Enzo Tortora veniva arrestato. Cominciò così un’odissea giudiziaria che lo portò in carcere per traffico di droga aggravato dall’associazione a delinquere di stampo camorristico. Condannato a 10 anni e 6 mesi e poi assolto in appello, il popolarissimo presentatore televisivo poco tempo dopo si ammalò di tumore e morì. Sono passati 35 anni da quel 18 maggio 1988 quando Tortora s’è spento per un cancro ai polmoni. Questa drammatica e allo stesso tempo bruttissima vicenda è divenuta uno dei più grandi errori giudiziari dall’inizio della Repubblica e per il quale, purtroppo, nessuno ha pagato dazio. Soltanto Tortora. E c’è anche chi attribuisce la stessa vicenda giudiziaria come causa della sua morte. 

L’inchiesta nei riguardi del presentatore cominciò nei premi mesi del 1983, quando Pasquale Barra e Giovanni Pandico, personaggi di rilievo della Nuova Camorra Organizzata (Nco) decisero di dissociarsi dall’organizzazione e di collaborare con gli inquirenti. I due pentiti indicarono Tortora, “quello di Portobello” (popolarissima trasmissione televisiva dell’epoca, che egli conduceva) quale appartenente alla Nco con l’incarico di corriere di stupefacenti. Il giornalista e presentatore televisivo fu arrestato a Roma il 17 giugno di quell’anno, nel corso di un’operazione diretta dalla Procura di Napoli per l’esecuzione di 856 ordini di cattura. Tortora fu bloccato all’alba in un albergo del centro di Roma, ma fu portato in carcere in tarda mattinata, solo quando – secondo i difensori – fotografi e cineoperatori, avvertiti, furono pronti a ritrarre il presentatore con le manette ai polsi.

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S’è sempre dichiarato innocente

Dopo sette mesi di detenzione in carcere, ottenne gli arresti domiciliari, quasi in coincidenza con il pentimento di un rapinatore, Gianni Melluso, detto Gianni il bello, che raccontò di consegne di stupefacenti da lui fatte a Tortora per conto del boss milanese Francis Turatello. Dichiarazioni poi ritrattate dallo stesso Melluso, che mosse anche accuse, risultate infondate dopo una lunga inchiesta della magistratura di Potenza, nei confronti di magistrati e investigatori che si erano occupati proprio del caso del presentatore televisivo. Il 15 settembre 1986, la Corte di Appello di Napoli rovesciò il verdetto: Tortora fu assolto con formula piena, i pentiti giudicati non credibili. “E’ la fine di un incubo”, disse. La prima sezione penale della Cassazione confermò definitivamente l’innocenza del presentatore il 13 giugno 1987.

 

Bergamo gli dedica giardino davanti a Procura

 

Fin dal primo momento Tortora si disse innocente, nonostante crescesse continuamente il numero dei pentiti che lo accusavano. In cella scrisse numerose lettere, continuando ad urlare la sua innocenza, molte delle quali indirizzate alla figlia Silvia, morta lo scorso anno, che le pubblicò in un libro dal titolo ‘Cara Silvia’, e che non smise mai di lottare per la completa riabilitazione del padre. Il Comune di Bergamo ha voluto dedicare proprio a Enzo Tortora il giardino della riqualificata piazza Dante, nel centro della città e di fronte alla Procura. “Questa dedica rappresenta una scelta di speranza – ha detto Gaia Tortora, figlia di Enzo, anche lei giornalista e scrittrice – perché papà ha passato nel carcere di Bergamo diverso tempo, dopo essere stato a Regina Coeli, ma non volevo che Bergamo fosse legata al suo nome soltanto come luogo del dolore. La scelta di dedicargli un luogo vicino alla procura è simbolica e invita alla riflessione sul tema della giustizia”.

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