Respinto ricorso, madre Taverna lascerà casa popolare

Respinto ricorso, madre Taverna lascerà casa popolare
L'esponente pentastellata, Paola Taverna
11 gennaio 2019

Il Tribunale civile ha respinto il suo ricorso. Per questo la madre della senatrice M5s Paola Taverna dovra’ lasciare la casa popolare in cui vive a Roma. E lo fara’, come il suo avvocato ha gia’ comunicato in una lettera scritta a Ater e avvocatura capitolina, dando la disponibilita’ a consegnare le chiavi dell’appartamento. Sembra essere cosi’ arrivata a conclusione una vicenda costellata di polemiche. Il giudice Roberta Nardone, della sesta sezione del tribunale civile di Roma, ha certificato con una sentenza che la signora Graziella Bartolucci, madre 80enne della senatrice, non ha diritto ad abitare la casa Ater del quartiere Alessandrino-Quarticciolo di Roma, e dovra’ riconsegnarla. Le opposizioni, dal Pd a Fdi, all’attacco chiedono alla sindaca Virginia Raggi di procedere con celerita’ allo sgombero.

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La vicepresidente del Senato da parte sua, tuona e avverte: “Da Parlamentare m5s, dopo aver restituito piu’ di 200.000 euro, sono cosi’ pulita che non trovano nulla su cui attaccarmi se non sui miei affetti. Querelero’ tutti coloro che hanno gia’ diffuso o diffonderanno notizie false e diffamatorie su mia madre”. La vicenda di quella casa, fin dall’inizio, e’ diventata un ‘caso politico’. Il procedimento di decadenza dall’assegnazione dell’alloggio parti’ a fine 2014, dopo accertamenti condotti dall’Ater di Roma. Emerse che la signora Bartolucci non aveva piu’ diritto ad abitare quella casa perche’ i beni del suo nucleo familiare superavano i limiti previsti per l’assegnazione degli alloggi popolari. Da quel momento sono passati piu’ di 4 anni, tra deduzioni, controdeduzioni e carteggi vari.

L’incertezza immediata su cosa potesse accadere – visto che era stato proposto ricorso al tribunale civile – e’ stata dissipata con il dispositivo di una sentenza della quale si attendono le motivazioni, ma che gia’ scrive una parola tombale: nessun diritto ad abitare quella casa (e adesso spetta ad Ater e Comune intervenire), con condanna anche a pagare le spese di lite. Ieri, l’udienza di precisazione delle conclusioni prima della decisione. La difesa ha tentato un’ultima carta, chiedendo la revoca dell’ordinanza di sfratto in quanto “risulta pacifico oltre che provato documentalmente che la signora Taverna a far data dal matrimonio (1998) non risiedeva piu’ con la madre nell’immobile di cui e’ causa e non faceva piu’ parte, di fatto, del nucleo familiare della medesima”.

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Questo emerge dal verbale di udienza; in una frase, si e’ tentata nuovamente la strada del nucleo familiare e dei requisiti per ottenere una casa popolare. Poi, la camera di consiglio e la decisione di oggi. “Bastava il buonsenso, e non il Tribunale, per sapere che si trattava di una occupazione abusiva. E dire che si definivano il partito degli onesti, ora sono quelli dei privilegi difesi in ogni modo”, il commento della senatrice Pd Teresa Bellanova. “Chi la fa l’aspetti, proprio i Grillini sempre cosi’ solerti a sbandierare il vessillo della trasparenza stavolta pagano dazio e vengono beccati in castagna. Adesso che tutto e’ chiaro, ovvero che non ci sono i presupposti per abitare in quell’alloggio popolare, attendiamo che la sindaca Raggi proceda allo sgombero della casa occupata abusivamente”, quello del capogruppo Fdi in Campidoglio, Andrea De Priamo.

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