Intralcio giustizia e falsa testimonianza, arrestato ex consigliere Trump. Casa Bianca: “Il Presidente non c’entra”

Intralcio giustizia e falsa testimonianza, arrestato ex consigliere Trump. Casa Bianca: “Il Presidente non c’entra”
Roger Stone
25 gennaio 2019

C’è un arresto eccellente nell’ambito della complessa inchiesta Russiagate. In manette è finito Roger Stone, ex consigliere del presidente statunitense, Donald Trump, in merito alle indagini del procuratore speciale Robert Mueller sulle ingerenze russe nelle scorse elezioni presidenziali e sui possibili legami tra lo staff di Trump e il Cremlino. Le accuse contro di lui, si legge su Nbc News, sono di intralcio alla giustizia, falsa testimonianza e di subornazione di testimone.

L’arresto è avvenuto a Fort Lauderdale, in Florida; Stone è atteso nelle prossime ore in tribunale, dove gli saranno contestati sette reati. Stone è finito nelle indagini per il suo presunto ruolo nella pubblicazione su WikiLeaks, durante la campagna elettorale, di e-mail tra esponenti del partito democratico. Stone ha sempre negato di aver colluso con WikiLeaks. Stone, 66 anni, ha fatto ufficialmente parte della campagna elettorale di Trump per alcuni mesi, a partire dall’agosto 2015, per poi “mantenere contatti regolari e sostenendo pubblicamente” Trump fino alle elezioni, secondo le accuse depositate in tribunale. A dicembre, Trump ha espresso il proprio sostegno su Twitter a Stone, perché convinto che l’ex consigliere non testimonierà mai contro di lui.

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E, intanto, arriva la prima reazione della Casa Bianca all’arresto di Roger Stone. “Questo non ha nulla a che fare con il presidente e certamente nulla a che fare con la Casa Bianca”, ha detto la portavoce, Sarah Sanders, intervistata dalla Cnn. “Il presidente non ha fatto nulla di sbagliato, nessuna collusione, lo ha detto anche lui un centinaio di migliaia di volte almeno”. Stone, ha aggiunto Sanders, ha fatto da consulente a decine di candidati repubblicani.  Nei documenti con cui Mueller accusa Stone, si legge che l’ex consigliere aveva costanti contatti con WikiLeaks, denominata ‘Organizzazione 1’, e con la campagna di Trump nei giorni della pubblicazione delle e-mail rubate al Comitato nazionale democratico (Dnc) e al presidente della campagna di Hillary Clinton da hacker russi. “Dopo la pubblicazione del 22 luglio 2016 di e-mail del Dnc rubate dall’Organizzazione 1, a un funzionario senior della campagna di Trump fu ordinato di contattare Stone per altre possibili pubblicazioni e altre informazioni dannose che l’Organizzazione 1 aveva a proposito della campagna di Clinton”.

Ad agosto, Stone disse privatamente e pubblicamente di aver comunicato con l’Organizzazione 1, venendo poi smentito dalla stessa Organizzazione 1, secondo l’atto di accusa. Dopo una delle pubblicazioni di WikiLeaks ai danni del partito democratico – si legge ancora – un consigliere di un alto funzionario della campagna di Trump inviò un messaggio sul telefono di Stone, con scritto ‘ben fatto’. Stone avrebbe mentito durante la testimonianza davanti alla commissione Intelligence della Camera nel settembre 2017, quando negò di avere e-mail o messaggi riguardo alle indagini. Al contrario, aveva “numerosi” messaggi ed e-mail del 2016 in cui discuteva delle informazioni in mano a WikiLeaks. Nelle 24 pagine di accusa, c’è scritto inoltre che Stone discusse dei suoi sforzi per entrare in contatto con Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks.

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Stone, uno ‘sporco imbroglione’ – così si definì – che per decenni ha cercato di influenzare le campagne elettorali e la vita politica statunitense, tanto da essere il protagonista di un documentario su Netflix, è stato anche socio in affari di un’altra figura importante delle elezioni 2016, Paul Manafort, ex presidente della campagna di Trump, che ora collabora con Mueller dopo essere stato condannato per diversi reati. A maggio, Stone disse alla Npr di non aver cospirato con i russi e di non avere nulla di cui temere, pur aspettandosi di essere accusato formalmente. “Stanno seguendo una narrazione dei fatti che è falsa, continuano a ripetere che sapevo in anticipo delle pubblicazioni di WikiLeaks e della loro fonte, ma non è vero. Se lo leggete abbastanza volte sui media, potreste cominciare a crederci. Purtroppo non ci sono prove, perché è tutto falso”.

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