Sanità, 13 mln di italiani soffrono di dolore cronico

Sanità, 13 mln di italiani soffrono di dolore cronico
23 settembre 2016

In Italia sono 13 milioni le persone che soffrono di dolore cronico, circa il 26% della popolazione. Lo sottolinea la Fondazione Isal presentando nella Biblioteca del Senato, l’Ottava Edizione della Giornata Mondiale ‘Cento città contro il dolore’, organizzata nel Belpaese dalla Fondazione Isal. Il dolore cronico interessa tutte le fasce d’età, con una maggiore prevalenza nelle donne, e soltanto “una minima parte di coloro che soffrono di dolore cronico sono malati terminali”, ha spiegato il presidente della Fondazione Isal, William Raffaeli. “Sabato 1 ottobre – ha aggiunto – torneremo a celebrare questa iniziativa, nata nel 2009, perché nessuna persona deve soffrire inutilmente. Non soffrire è sancito dalla legge, ma non basta. Dobbiamo infatti agire sulla cultura quotidiana del Paese, anche perché il vento positivo della legge 38 si sta consumando ed e’ arrivato il momento di realizzare una seconda fase di slancio con un polo di grande eccellenza internazionale in cui l’innesto della ricerca e l’innovazione scientifica per lo studio del dolore cronico, specie di quello incoercibile, cioè un dolore severo e grave che non ha nessuna possibilità di trovare un lenimento con le cure attuali”.

Il dolore cronico, che comprende patologie come l’emicrania, il fuoco di sant’Antonio, e l’endometriosi, oltre ai malati terminali, “è trasversale e raggiunge alti picchi soprattutto negli over 60”, evidenzia la Fondazione, precisando che “solo il 26% delle persone che ne soffrono ha sperimentato medicinali della categoria degli oppiacei, mentre antiinfiammatori e antidolorifici restano i più utilizzati nonostante i rilevanti effetti collaterali riscontrati nel 25% dei casi”. Inoltre, 4 milioni di questi pazienti affetti da dolore cronico non riesce ad accedere a cure adeguate. “Per fare fronte al dolore – sottolinea ancora la Fondazione – si ricorre più spesso a medicinali da banco o di più facile reperimento e basso costo rispetto, per esempio, agli oppiacei o ai cannabinoidi. Questi farmaci che vengono privilegiati sono soprattutto della categoria antiinfiammatori non steroidei come aspirina e Ketoprofene, che sono a scarsa efficacia clinica e ad alta potenzialità di rischio per l’apparato gastrointestinale, reni, fegato e cuore”.

 

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