“Se non lavori, non ti darò più il mantenimento”: ufficiale CASSAZIONE, REVOCA ASSEGNO ai figli (solo in un caso) se si rifiutano di fare carriera
Mantenimento figli - (unid) - IlFogliettone.it
L’assegno di mantenimento e il limite dei 30 anni, cosa dice la legge nel 2024: il principio di autoresponsabilità
Nel 2024, la giurisprudenza italiana ribadisce un principio chiave: la maggiore età del figlio segna l’inizio di un diverso regime per l’assegno di mantenimento, ma non comporta automaticamente la cessazione dell’obbligo. Il genitore è ancora tenuto a sostenere economicamente il figlio, purché questi stia seguendo un percorso formativo o sia concretamente impegnato nella ricerca di un’occupazione. Tuttavia, non si tratta di un obbligo indefinito: tempo e ragionevolezza diventano criteri centrali nella valutazione.
Un caso giudicato dalla Corte di Cassazione a gennaio 2024, con l’ordinanza n. 2259/2024, ha fatto da spartiacque. Un figlio trentenne, laureato ma ancora disoccupato e coinvolto solo in stage, ha visto revocare l’assegno di mantenimento. La Cassazione ha stabilito che, dopo i 30 anni, non è più sufficiente dichiarare la difficoltà di trovare un’occupazione: l’onere della prova si sposta sul figlio, che deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per rendersi autosufficiente.
Alla base della pronuncia vi è il principio di autoresponsabilità: un adulto deve attivarsi per mantenersi. L’obiettivo è evitare che l’assegno diventi uno strumento per procrastinare il passaggio all’età adulta. Questo principio è stato ribadito anche nell’ordinanza n. 24731 del 16 settembre 2024, che rafforza l’idea di un limite fisiologico alla dipendenza economica dai genitori.
È importante sottolineare che il genitore non può decidere autonomamente di interrompere i versamenti. Anche quando il figlio ha superato i 30 anni, serve una pronuncia del giudice. Il tribunale valuta caso per caso, analizzando l’età, le scelte formative, l’impegno nella ricerca di un lavoro e l’effettiva possibilità di essere assunti. Solo con questi elementi potrà essere revocato l’assegno.
Quando l’inattività può essere punita
Anche prima dei 30 anni, la Corte può stabilire la revoca del mantenimento se riscontra un comportamento passivo da parte del figlio. La mancanza di iscrizione al centro per l’impiego, l’assenza di candidature per offerte di lavoro o il prolungato ritardo negli studi sono segnali che possono portare il giudice a ritenere non più giustificata l’assistenza economica.
In un contesto in cui l’ingresso nel mondo del lavoro avviene spesso attraverso tirocini e stage, la Cassazione chiarisce che questi percorsi non possono giustificare il mantenimento a tempo indeterminato. La partecipazione ad attività non stabili, soprattutto a trent’anni, può essere considerata un segnale di scarso impegno o di selettività ingiustificata, piuttosto che una reale difficoltà a trovare un impiego.
Obblighi e doveri del figlio maggiorenne
Il figlio che ha raggiunto la maggiore età è chiamato ad assumersi delle responsabilità: formarsi, cercare lavoro, accettare impieghi anche non ideali. Il mantenimento non è più un diritto automatico, ma una condizione subordinata a un comportamento attivo e costruttivo. Chi resta inerte o rifiuta opportunità per inseguire sogni poco realistici rischia di perdere l’assegno.
In sintesi, la legge del 2024 riafferma la centralità del principio di responsabilità individuale. Il mantenimento rappresenta una tutela importante nella fase della crescita, ma non può diventare un rifugio perpetuo. Dopo i trent’anni, l’orientamento della Cassazione è chiaro: chi non si rende autonomo, senza valide ragioni, non può continuare a pesare sulle spalle dei genitori.