Senato approva la reintroduzione delle province elettive nel Friuli Venezia Giulia
Palazzo Madama ha dato il via libera a un passaggio storico per la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia: con 85 voti favorevoli, 45 contrari e 10 astensioni, il Senato ha approvato il disegno di legge costituzionale che modifica lo statuto speciale della regione, reintroducendo le province con elezione diretta dei loro organi.
Il provvedimento, già approvato in prima deliberazione dalla Camera, ripristina nel Friuli Venezia Giulia gli enti di area vasta dotati di funzioni amministrative proprie e organi eletti direttamente dai cittadini. Le province erano state eliminate durante la legislatura guidata da Debora Serracchiani, in linea con la riforma degli enti locali che prevedeva solo due livelli di governo: Regione e Comuni.
La proposta nasce da un’iniziativa del Consiglio regionale e, trattandosi di una legge di revisione costituzionale, dovrà affrontare ancora due passaggi parlamentari. Dopo l’approvazione del Senato, il testo torna infatti alla Camera per la seconda deliberazione, in un iter che prevede quattro letture complessive prima dell’approvazione definitiva.
Durante la seduta, la pregiudiziale di costituzionalità avanzata dal Partito Democratico è stata respinta. Il senatore Parrini (Pd) ha criticato la riforma, sostenendo che reintrodurre l’elezione diretta delle province costerà circa un miliardo di euro e che la destra sarebbe “solo alla ricerca di nuovi posti di potere”, senza rispondere a reali esigenze della popolazione locale.
Il dibattito parlamentare ha visto protagonisti sia i rappresentanti della maggioranza, che hanno sottolineato l’importanza di restituire ai cittadini il diritto di scegliere direttamente i propri amministratori, sia quelli dell’opposizione, che hanno stigmatizzato la riforma come un passo indietro per la democrazia locale.
Per la Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, il voto del Senato rappresenta un “ulteriore passo verso il ripristino della democrazia”, restituendo ai cittadini il controllo, tramite il voto, sulla gestione delle funzioni esercitate con risorse pubbliche a loro beneficio. Ora si attende il passaggio successivo a Montecitorio, che potrebbe avvenire in autunno o, al più tardi, all’inizio del 2026. Solo dopo la seconda lettura in entrambi i rami del Parlamento il provvedimento potrà essere definitivamente approvato.