Terzo giorno di proteste in Iraq, nel Paese 18 morti

Terzo giorno di proteste in Iraq, nel Paese 18 morti
3 ottobre 2019

Non e’ bastato il coprifuoco in vigore dalle prime ore del giorno a Baghdad per fermare le violente proteste sociali in corso da tre giorni nella capitale e che oggi hanno raggiunto le localita’ meridionali, con un bilancio provvisorio di 18 vittime, mentre il 75% del Paese e’ senza internet. Dalle prime ore del giorno agenti di polizia in assetto antisommossa hanno sparato colpi d’arma da fuoco in aria, e non solo, per disperdere decine di manifestanti che incendiavano copertoni su una piazza centrale di Baghdad, sfidando il coprifuoco decretato dal primo ministro Adel Abdul Mahdi, in vigore stamattina dalle 5. I manifestanti sono stati respinti nelle stradine adiacenti e nella capitale la tensione rimane alta. Il coprifuoco stabilisce il divieto di circolazione di veicoli e persone per “tutta la giornata odierna e fino a nuovo ordine, ad eccezione dei lavoratori statali, dei viaggiatori in arrivo o in partenza dalla capitale e dei soccorritori”, recita il comunicato governativo.

Il premier Mahdi ha precisato che indipendentemente i governatori possono decidere di decretare il coprifuoco nella propria regione. L’inedito movimento di contestazione popolare ha raggiunto Amara, a sud di Baghdad, dove 4 manifestanti sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco. Nella provincia di Zi Qar un altro civile ha perso la vita nelle stesse circostanze. Con queste ultime vittime, i bilanci diffusi da fonti sanitarie confermano 18 morti – di cui un poliziotto – in tre giorni e piu’ di 130 feriti. Inoltre, mentre le proteste si espandono, l’accesso alla Rete e’ stato bloccato nei tre quarti del territorio nazionale, come deciso dai principali operatori di telefonia Earthlink, Asiacell e Zain. Un’interruzione di internet che ha dapprima riguardato Bagdad, poi le citta’ meridionali per raggiungere il 75% del Paese, ad eccezione del nord, che comprende il Kurdistan autonomo. I manifestanti hanno riferito di non riuscire piu’ a postare sui social le foto delle proteste e gli slogan all’origine della contestazione inedita contro il governo in carica da un anno, per denunciare corruzione, disoccupazione e assenza di servizi pubblici essenziali.

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