Tregua a Gaza: Hamas accoglie la proposta Usa, ma pone nuove condizioni. I nodi da sciogliere
Benjamin Netanyahu
Hamas ha formalizzato una risposta positiva, ma con riserve, alla proposta di cessate il fuoco avanzata dall’inviato speciale degli Stati Uniti per il Medio Oriente, David Witkoff. Sebbene l’organizzazione palestinese abbia dato il suo assenso iniziale alla tregua di 60 giorni, il gruppo ha posto alcune condizioni, sollevando dubbi su aspetti cruciali dell’accordo e chiedendo modifiche alla proposta. La risposta è stata consegnata ai mediatori internazionali, i quali ora stanno lavorando per cercare un compromesso che possa soddisfare entrambe le parti.
Le riserve di Hamas: rilascio degli ostaggi e tempistiche
Uno dei nodi centrali riguarda il rilascio degli ostaggi. Mentre Hamas ha confermato la disponibilità a liberare dieci ostaggi, ha chiesto che la restituzione avvenga in più fasi, durante l’intero periodo della tregua, e non concentrata in soli due momenti, come previsto inizialmente dalla proposta statunitense. Secondo quanto riportato, Hamas prevede di rilasciare quattro ostaggi vivi il primo giorno di tregua, due ostaggi al trentesimo giorno, e gli altri quattro al termine dei 60 giorni. Inoltre, i corpi dei prigionieri morti verrebbero restituiti in due fasi: il trentesimo e il cinquantesimo giorno.
In aggiunta, fonti vicine al gruppo palestinese hanno sottolineato la necessità di un “miglioramento” dei termini dell’accordo, soprattutto per quanto riguarda la posizione delle Forze di Difesa Israeliane (IDF). Hamas ha infatti chiesto che le forze israeliane tornino alla posizione che avevano prima dell’escalation del conflitto, risalente a marzo 2024. Inoltre, la richiesta di una garanzia da parte degli Stati Uniti per la cessazione dei combattimenti è stata avanzata come condizione essenziale per la conclusione dell’accordo.
Israele considera la risposta come un “rifiuto di fatto”
Nonostante il tono complessivamente positivo della risposta, il governo israeliano ha reagito definendo la proposta di Hamas come un “rifiuto di fatto”. Fonti israeliane, citate dal Times of Israel, hanno evidenziato che le modifiche chieste da Hamas complicano ulteriormente le possibilità di una rapida accettazione dell’accordo. Le richieste, tra cui quella di un cessate il fuoco permanente e il ritiro completo delle forze israeliane dalla Striscia di Gaza, sono già state respinte più volte da Tel Aviv e continuano a rappresentare un ostacolo significativo.
Tuttavia, nonostante queste difficoltà, i mediatori internazionali stanno cercando di ottenere un compromesso che permetta di proseguire i negoziati. L’obiettivo è quello di evitare un fallimento simile a quello del cessate il fuoco temporaneo di gennaio 2024, che non ha portato a risultati concreti e ha visto Israele riprendere le operazioni militari.
Trump e l’Italia: tra ottimismo e realismo
A Washington, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha espresso un cauto ottimismo, dichiarando che i negoziatori sono “molto vicini a un accordo su Gaza”. Tuttavia, ha aggiunto che Hamas è in una posizione difficile, alimentando il timore che possa alla fine rifiutare l’intesa. L’Amministrazione statunitense, pur riconoscendo le complessità, continua a premere per una risoluzione diplomatica.
Sul fronte europeo, il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha dichiarato di sperare che la proposta di cessate il fuoco prevalga, invitando entrambe le parti a porre fine a una tragedia che ha causato migliaia di vittime. Tajani ha ribadito che l’Italia si riconosce nella proposta egiziana per una soluzione diplomatica duratura, e ha confermato la disponibilità del governo italiano a contribuire, anche con il dispiegamento di forze di pace sotto l’egida delle Nazioni Unite, come avvenuto in passato con l’UNIFIL in Libano.
Le prospettive di una soluzione duratura
La risposta di Hamas rappresenta un passo importante, ma non decisivo, nel lungo processo verso un accordo di cessate il fuoco. Sebbene la porta dei negoziati non sia ancora chiusa, le richieste avanzate da Hamas rendono complesso il raggiungimento di un’intesa immediata. Tra le questioni irrisolte figurano il futuro del controllo israeliano sulla Striscia di Gaza e la possibilità di una soluzione permanente per il conflitto israelo-palestinese.
Il conflitto, che è esploso il 7 ottobre di due anni fa, ha avuto conseguenze devastanti, con un numero di morti che continua a crescere ogni giorno. Sebbene le trattative siano in corso, le difficoltà restano molteplici. Le risposte dei principali attori internazionali, Stati Uniti, Europa e Paesi arabi, saranno decisive per determinare se il conflitto potrà finalmente giungere a una tregua duratura, o se, al contrario, si continuerà a fronteggiare l’ennesima impasse diplomatica.