Turchia sempre più lontana dall’Europa, epurati i progetti culturali finanziati da Ue

Turchia sempre più lontana dall’Europa, epurati i progetti culturali finanziati da Ue
8 ottobre 2016

 

Non è la prima volta che cultura e istruzione si ritrovano nel mirino della politica in Turchia, ma il fenomeno è decisamente in crescita dopo il tentato golpe del 15 luglio scorso e le misure straordinarie introdotte con la dichiarazione dello stato di emergenza. Dalle interferenze nell’amministrazione e nella programmazione dei teatri pubblici alla cancellazione di spettacoli e di mostre poco graditi alle autorità, fino ai licenziamenti e alle inchieste rivolti ad accademici con posizioni critiche nei confronti del governo, gli esempi di questa tendenza sono innumerevoli. Ora però il cerchio risulta allargato ulteriormente, andando a coinvolgere anche programmi finanziati dall’Unione Europea, che negli ultimi 10 anni sono stati essenziali per contribuire al percorso europeo del Paese. Con il rischio di accrescere il divario tra le società turche ed europee. Il primo programma a essere stato sospeso a seguito dei drammatici eventi registrati l’estate scorsa nel Paese è la prestigiosa borsa di studio Jean Monnet, finanziata dall’UE. Il programma, attuato dal 1990 in Turchia, ha finora permesso a centinaia di studenti di studiare nelle migliori università europee. Nell’anno accademico 2015-2016 oltre 220 studenti turchi hanno beneficiato della borsa – che copre sia le spese universitarie che di sostentamento – mentre per quest’anno gli aventi diritto erano almeno 170. Il ministero per gli Affari UE ha deciso di sospendere il programma unilateralmente per l’anno accademico 2016-2017, “alla luce delle circostanze straordinarie che sta vivendo il nostro Paese”. Per Can Baydarol, vicepresidente dell’Associazione UE e ricerca globale, i programmi finanziati dall’UE sono un “ponte” tra la Turchia e il gruppo dei 28. L’esperto auspica che “il programma Jean Monnet, il legame più stretto tra Turchia ed UE, sia riattivato in un prossimo futuro”.

ERDOGAN

Presidente turco Erdogan

Ma secondo il professor Cengiz Aktar, esperto di politiche europee, potrebbe addirittura essere prossima anche l’uscita dal programma Horizon 2020 per la ricerca e l’innovazione, finanziato dall’Ue con 80 miliardi di euro. “La scusa è pronta”, ha commentato su Twitter l’esperto, “non si riesce nemmeno a produrre dei progetti che abbiano il valore del contributo versato”. Seppure il ministero per gli Affari UE affermi che sono in atto lavori per trasferire i fondi Jean Monnet di quest’anno al prossimo anno accademico, simili affermazioni sembrano rassicurare di poco il mondo accademico turco, che continua a restare sotto una forte pressione dopo il prolungamento dello stato di emergenza – fino al prossimo 21 gennaio. Restano infatti serie limitazioni riguardanti gli spostamenti all’estero, anche per lavoro: è comunque necessaria l’autorizzazione firmata dal rettore dell’università di afferenza, che a sua volta risponde all’Ente statale per l’istruzione superiore (YOK). Le misure restrittive rivolte ai docenti universitari assieme alla sospensione dall’incarico di oltre 2.300 accademici hanno inoltre portato numerose università europee a interrompere, in segno di protesta, il programma Erasmus in Turchia. Il divario tra Ankara e Bruxelles è stato recentemente approfondito anche con l’uscita del governo turco da un altro programma europeo, il progetto Creative Europe avviato dalla Commissione Europea nel 2014 per sostenere i settori dei media e della cultura. La Turchia, che vi ha preso parte fin dall’inizio, partecipava al programma contribuendo con una cifra che per il 2015 è stata di circa 2 milioni e 400mila euro. In cambio numerose iniziative culturali e artistiche turche ricevevano sostegno per i propri progetti. La decisione non è stata ancora formalizzata con la pubblicazione della notizia sulla gazzetta uficiale, ma in base a quanto riportato dal giornale turco-armeno Agos, la risoluzione sottoscritta dal ministero della Cultura e degli Affari UE, farebbe capo al ministero degli Esteri.

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Alla base ci sarebbe un forte disappunto del ministero sul finanziamento di un progetto musicale di ampio respiro, che vedrebbe coinvolte tra il 2015 e il 2017 le orchestre di diverse città tra cui Dresden, Belgrado, Madrid, Erevan e Istanbul. L’intento, sarebbe quello di commemorare il centenario del genocidio degli armeni, uno dei maggiori tabù in Turchia. Secondo Agos, il ministero degli Esteri avrebbe optato per uscire dal programma europeo, dopo aver visto rifiutare dalla Commissione UE la propria richiesta di ritirare il finanziamento di 200mila euro destinato al progetto musicale. Ma lo stesso giornale riporta anche la testimonianza di Vasf Kortun, direttore del programma di ricerca della SALT – una realtà culturale di Istanbul che organizza mostre, dibattiti ed è anche un centro di ricerca e membro della confederazione di musei L’Internationale – secondo il quale “il progetto musicale potrebbe essere solo una scusa” e “il proposito reale è forse quello di rendere più difficile il sostegno alle organizzazioni della società civile in Turchia, inasprendo il controllo economico sulle realtà autonome?”, si domanda Kortun, ricordando che simili pratiche vengono messe in atto negli ultimi anni in India, Cina come in Egitto e anche in Russia. “Sarebbe stato bello se la Turchia avesse piuttosto preferito prendere esempio da paesi che hanno una tradizione democratica, seguendo gli esempi migliori”, afferma Kortun. “Questa scelta”, aggiunge, “l’estinguersi del sostegno proveniente dall’esterno della Turchia potrebbe finire per tradursi in una maggiore chiusura e all’abitudine alla chiusura. Se si considera che tutto questo si sta verificando proprio ora, in un momento che non si riesce a trovare un terreno comune di convivenza, possiamo renderci conto che la situazione è molto rischiosa e che va ben oltre il discorso economico”, conclude il direttore.

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