L’oncologo: abbiamo poche cure per curare tumore a pancreas

L’oncologo: abbiamo poche cure per curare tumore a pancreas
6 gennaio 2023

 “In effetti, abbiamo poche cure per contrastare efficacemente il tumore del pancreas. Molti pongono tante aspettative nella chirurgia, che invece ha un ruolo del tutto marginale in questa malattia. Oggi come oggi la cura è sostanzialmente chemioterapica. Purtroppo le terapie a bersaglio non hanno dato particolari soddisfazioni, i chemioterapici sono molto pochi, l’immunoterapia non funziona. È una patologia orfana di molti farmaci”. Lo afferma all’agenzia Dire Michele Reni, professore associato di Oncologia dell’Università Vita e Salute e coordinatore dell’area oncologica Irccs San Raffaele di Milano. “L’unica terapia a bersaglio che era stato dimostrato avesse un certo vantaggio nel controllare la malattia più a lungo – continua – era il farmaco Olaparib, indicato per i pazienti Brca mutati. Farmaco, però, per il quale l’Aifa non ha concesso la rimorsabilità e quindi ci impedisce di usarlo”. “Il tumore del pancreas, purtroppo, non fa distinzioni – afferma l’oncologo – colpisce un po’ tutti ed è una neoplasia in crescita dal punto di vista numerico. Di fatto noi abbiamo in cura pazienti di ogni età, dai 20 ai 100 anni. È vero che l’incidenza è maggiore nelle persone al di sopra dei 65 anni ma, in effetti, il cancro del pancreas colpisce tanti. Non c’è una categoria particolare di persone a rischio e questo rappresenta una delle difficoltà che incontriamo di fronte a questa malattia, perché non potendo identificare con precisione la popolazione a rischio, di fatto non possiamo fare screening”.

“L’unica popolazione a rischio – precisa Reni – sarebbe quella dei mutati del Brca e, purtroppo, la decisione dell’Aifa intralcia la possibilità di fare cultura su questo argomento”. Se è difficile comprendere chi possa essere il bersaglio del tumore del pancreas, non risulta facile nemmeno individuare i fattori di rischio di questo tipo di cancro. “Sono certamente il fumo, l’obesità, la vita sedentaria- rende noto Michele Reni- ma in realtà sono fattori di rischio tipici di vari tumori, non sono specifici del tumore del pancreas”. Per quanto riguarda i sintomi, Reni dichiara che “sono davvero molto insidiosi, perché sono simili a moltissime altre problematiche: mi riferisco a dolori di stomaco, dolori dorsali, ma anche lo scompenso o la comparsa di un diabete in età adulta. Rientrano fra i sintomi sospetti anche un calo di peso ingiustificato e le feci chiare che galleggiano, legate a un cattivo assorbimento a livello intestinale, dato che il pancreas è una ghiandola che produce enzimi per assorbire il cibo che mangiamo. Lo può essere anche la comparsa di trombosi nelle gambe, dunque di coaguli di sangue all’interno delle vene delle gambe. Si tratta, comunque, di cose tutte abbastanza poco specifiche”. Se siamo dunque ancora lontani per arginare definitivamente questo ‘big killer’, quali sono le aspettative di vita per un paziente con tumore del pancreas?

“Purtroppo – continua – la prognosi di questa malattia è prevalentemente brutta, ma ovviamente noi abbiamo tanti dati statistici, possiamo parlare di mediane. La prognosi è comunque peggiore rispetto a tutte le altre malattie. Tuttavia abbiamo persone che guariscono, qualche volte guariscono partendo da una situazione di malattia metastatica. Oggi come oggi rappresenta un po’ più l’eccezione che non la regola ma, di fatto, esistono persone che possono guarire pur partendo da una situazione di presenza di metastasi”. “D’altra parte – precisa – il fatto di avere a disposizione terapie che permettono di prolungare la vita e ritardare le sofferenze legate alla malattia ci consente anche di alimentare la speranza che arrivino nuove cure che aggiungano nuove possibilità di controllare la malattia laddove oggi le risorse sono abbastanza limitate”. A Gianluca Vialli fu diagnosticato un tumore del pancreas nel 2017. Qual è l’aspettativa di vita per chi è colpito da tumore del pancreas?. “Vialli – ricorda Reni – aveva un tumore che è stato asportato inizialmente. A livello statistico le probabilità di superare i cinque anni o di arrivare ai cinque anni sono circa il 40% nelle persone che hanno la malattia asportabile chirurgicamente. È poco, c’è sicuramente margine per migliorare ma questo ci dice quanto sia aggressiva la malattia”.

Anche Fedez oggi ha voluto rendere omaggio a Gianluca Vialli. Fedez che nel marzo scorso aveva dichiarato di avere un raro tumore neuroendocrino del pancreas. Michele Reni invita a non fare confusione tra le due tipologie di cancro. “Nel caso di Vialli stiamo parlando di un adenocarcinoma e i dati di cui parlavo prima si riferiscono proprio all’adenocarcinoma del pancreas. Nel caso di Fedez stiamo parlando di un tumore neuroendocrino, una cosa totalmente diversa. Banalmente possiamo dire che c’è la stessa differenza che intercorre tra un’influenza o un raffreddore e una polmonite: hanno gravità diversa”. “L’adenocarcinoma, che rappresenta circa il 95% di quelli che noi chiamiamo i tumori del pancreas, è una malattia aggressiva – informa – mentre il tumore neuroendocrino rappresenta meno del 5% dei tumori del pancreas, a sua volta è diviso in varie sottocategorie, ma tendenzialmente ha una evoluzione molto più lenta ed è guaribile molto più spesso. Sono due malattie completamente diverse”.

Michele Reni lancia però un messaggio all’insegna della positività. “Dobbiamo cercare di lasciare viva la speranza per le persone che hanno questa malattia. Certamente la notizia della morte di Vialli corre sulle bocche di tutti, è una notizia funesta e può gettare nella disperazione in tanti. È vero, non ci nascondiamo: il tumore del pancreas è una brutta malattia ma nel corso della mia lunga attività posso dire che ci sono stati netti miglioramenti”. “Ho iniziato ad occuparmene circa 25 anni fa e oggi le persone che superano un anno dalla diagnosi di una malattia del pancreas mentre hanno un adenocarcinoma del pancreas metastatico sono il triplo di quelle del 1997. Quelle che superano i due anni sono 12 volte tante rispetto a quelle del 1997. È vero che è il fanalino di coda di tutti i tumori solidi ma, di fatto, stiamo facendo alcuni progressi e su qualche strumento possiamo fare affidamento. Ecco perché – conclude – bisogna continuare a lottare, a investire sulla ricerca e a non lasciarci andare”.  (Dire)

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