Agente della polizia penitenziaria si suicida. Un altro uccide la moglie e poi si toglie la vita con la pistola ordinanza

Agente della polizia penitenziaria si suicida. Un altro uccide la moglie e poi si toglie la vita con la pistola ordinanza
28 giugno 2017

Un agente della polizia penitenziaria, in servizio nel carcere milanese di Opera, si è suicidato, mentre sempre oggi un altro agente della penitenziaria in provincia di Cosenza, prima ha ucciso la moglie poi si è suicidato. “Due casi di suicidio, uno pure aggravato da un omicidio, sono sconvolgenti”: ha sottolineato Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe. Stamattina, infatti, nella casa dove abitava a Montalto Uffugo, un agente 50enne, prima ha ucciso la moglie e poi si è suicidato con la pistola ordinanza. Mentre in serata un assistente capo di 45 anni si è tolto la vita a Milano con l`arma di ordinanza. L`uomo, originario del leccese, “più di 20 anni di servizio nella polizia penitenziaria, divorziato, persona seria e apparentemente tranquilla, è stato trovato nel primo pomeriggio di oggi nel garage di casa”. “Tragedie che ogni volta che si ripetono determinano in tutti noi grande dolore e angoscia”, ha sottolineato Capece, aggiungendo: “Ogni volta la domanda che ci poniamo è sempre la stessa: si poteva fare qualcosa per impedire queste morti? Si poteva intercettare il disagio che caratterizzava questi uomini e, quindi, intervenire per tempo?”.

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Capece sottolinea che “allo stato non è possibile dire quali siano state le ragioni che hanno portato l`uomo a questo tragico gesto, e quindi non sappiamo se possano eventualmente esseri anche ragioni professionali”, ma ricorda come nell’ambito delle cosiddette “professioni di aiuto”, “gli operatori sono costantemente esposti a situazioni stressogene”, anzi dire stress è troppo poco: “Qui non è più stress, questi uomini sono lasciati soli, ad affrontare i loro vissuti, i propri problemi quotidiani, dovendo ogni giorno vivere una realtà come quella carceraria. E si portano dietro le patologie legate all’effetto burnout. Tra gli agenti della polizia penitenziaria si conta il più alto indice di casi di sindrome ansioso-depressiva reattiva, una sindrome per cui ogni anno un centinaio di colleghi lascia il servizio”. Il segretario del Sappe ha ricordato infatti che a fronte di una popolazione carceraria totale di 57mila detenuti, 18-19mila agenti della polizia penitenziaria svolgono servizio a turnazione di vigilanza nelle carceri, un rapporto di uno a 70-80. “L`Amministrazione penitenziaria non può continuare a tergiversare su questa drammatica realtà”, conclude Capece, avvertendo: “Servono soluzioni concrete per il contrasto del disagio lavorativo del personale di polizia penitenziaria. Come anche hanno evidenziato autorevoli esperti del settore, è necessario strutturare un`apposita direzione medica della polizia penitenziaria, composta da medici e da psicologi impegnati a tutelare e promuovere la salute di tutti i dipendenti dell`amministrazione penitenziaria”.

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