Altro che rottamazione, Renzi si fa imporre Amato

Altro che rottamazione, Renzi si fa imporre Amato
19 gennaio 2015

 

di Carlantonio Solimene

E se rispuntasse il “dottor Sottile”? L’indiscrezione circola da giorni in Parlamento e sono in tanti quelli pronti a scommettere che proprio intorno alla figura di Giuliano Amato potrebbe celebrarsi l’esito finale del Patto del Nazareno. Certo, a oltre dieci giorni dalla prima votazione per il Quirinale è ancora troppo presto per individuare il nome di un unico candidato. E la vulgata vuole che i pretendenti che lanciano la volata in anticipo siano destinati a essere risucchiati dal gruppo e a essere beffati sul traguardo. Ma se c’è un identikit che in questo momento accontenterebbe sia i renziani che parte della minoranza Pd che, infine, centristi e azzurri, è proprio quello dell’ex braccio destro di Bettino Craxi. Dalla sua Amato ha l’investitura di Giorgio Napolitano, il predecessore che l’ha anche nominato giudice costituzionale, e il sostanziale assenso di Silvio Berlusconi, nonché dei tanti ex socialisti finiti tra le file azzurre. All’ex premier, infine, non si opporrebbe neanche l’ala bersaniana del Pd.

Per Renzi, insomma, seppur l’ipotesi l’abbia “subìta” invece che imposta, sarebbe un’occasione unica per tentare il “colpaccio” già alla prima votazione. Il problema, semmai, è la percezione che della figura di Giuliano Amato ha l’opinione pubblica. Complici le tante poltrone ed emolumenti accumulati, infatti, l’ex premier a torto o ragione è diventato negli ultimi anni il simbolo per antonomasia della “casta”. Di quella vecchia politica, cioè, che Renzi ha detto fin dalle sue prime mosse di voler rottamare. Non a caso, nei sondaggi sul gradimento per il prossimo inquilino del Colle Amato è sempre negli ultimissimo posti. Senza contare che, lungi dall’essere una “figurina”, l’ex socialista non potrà mai rappresentare una scelta di secondo profilo per il Colle. Altro che “notaio”, insomma. E allora perché il presidente del Consiglio dovrebbe piegarsi a una scelta così poco “renziana”? Per tre motivi. Il primo è la mancanza di vie d’uscita. Difficile, anche a livello internazionale, dire di no a una figura di comprovata autorità e gradita a oltre due terzi del Parlamento. Il secondo è una questione di opportunismo.

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Da settimane i sondaggi raccontano di un rapidissimo calo di fiducia nel premier. Riuscire a risolvere la partita del Colle già alla prima votazione – il cosiddetto “metodo Ciampi” – rafforzerebbe una leadership appannata. Il “metodo”, dunque, diventerebbe più importante del “nome”. La seconda ragione è legata strettamente alla partita delle riforme. Il procedere lentissimo in Parlamento dell’iter di Italicum e nuovo Senato ha di fatto reso impossibile l’approvazione dei due ddl prima dell’elezione del Capo dello Stato. Se ne riparlerà quando al Quirinale ci sarà un nuovo inquilino. E, per arrivare a un esito positivo, sarà necessario che il prossimo Presidente sia partorito all’interno del Patto del Nazareno.

Forza Italia, insomma, non accetterebbe supinamente un presidente “marchiato Pd”. Questa stessa ragione, però, costituisce un’arma a doppio taglio. Perché contro Amato potrebbero scatenarsi le truppe di franchi tiratori che dell’intesa Renzi-Berlusconi non vogliono più sentir parlare. Determinante sarà il pallottoliere. Teoricamente Amato può contare su oltre 700 voti, eliminando dal totale già una 40 di Democratici di area civatiana. Se a far mancare il loro apporto dovessero essere anche altri esponenti del Pd e i dissidenti azzurri, l’elezione al primo scrutinio sarebbe impossibile, mentre al quarto dovrebbe essere garantita. Le variabili restano tante e imprevedibili, ma al momento il “dottor Sottile” sembra davvero il grande favorito della vigilia.

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