M5S vuole il voto subito. Ma scoppia guerra intestina: Di Maio premier non convince tutti

M5S vuole il voto subito. Ma scoppia guerra intestina: Di Maio premier non convince tutti
6 dicembre 2016

Di Maio sì, Di Maio no. Apparentemente, la campagna elettorale del Movimento 5 stelle è già iniziata e punta sull’opposizione a un ipotetico governo del dopo Renzi. Ma nella realtà, la partita aperta più importante è quella interna. “Hanno una paura fottuta – dice Nicola Morra, uno dei big del gruppo stellato al Senato – manco a morire ci faranno votare, tireranno a galleggiare”. Il tema della casta abbarbicata alle poltrone, in vista del traguardo di settembre, quando i parlamentari matureranno il diritto al vitalizio, è la linea ufficiale. Alla quale si contrappone la proposta del M5S: si vota appena possibile con l’Italicum, modificandolo con poche righe per utilizzarlo anche nel voto del Senato, e tenendo conto delle indicazioni che darà la Corte costituzionale fra qualche settimana. “La stabilità dipende dagli uomini, non dalla legge elettorale, non la cambiamo con questi”, avverte Alessandro Di Battista con i cronisti chiacchierando a Montecitorio. Un voto a breve semplificherebbe le vicende interne. Al momento non c’è alternativa a Luigi Di Maio candidato premier: l’unico che potrebbe fargli ombra, proprio Di Battista, non vuole scendere in campo in contrapposizione al giovane vicepresidente della Camera.

L’unico problema, quindi, se si votasse presto, “sarebbe identificare – confida una fonte parlamentare stellata – una procedura non troppo ‘nordcoreana’ per designare il candidato premier”. “La procedura la dovremo decidere, ma sarà – precisa Morra – il nostro capo politico, il garante (Grillo, ndr) che fisserà i tempi per la scelta”. Ma che governo sarebbe un governo 5 stelle? “Da domani cominceremo a coinvolgere le migliori energie, i migliori entusiasmi e le persone libere che vorranno partecipare ad un’idea di Paese differente dove l’uomo solo al comando non esiste più”, scrive su Facebook Di Maio, ipotizzando un modello simile a quello adottato per le giunte comunali di Torino e Roma. “Il nostro governo sarà politico, a livello nazionale le nostre competenze sono cresciute”, garantisce invece una fonte più ortodossa. Per ora Grillo mantiene la sua rete di protezione sul capo di Di Maio, che nel frattempo si fa strada nel mondo come uomo immagine del M5S: meno di ventiquattro ore fa, sulla Cnn è stato intervistato da Christiane Amanpour, una della star del giornalismo mondiale.

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Ma cosa accadrebbe se le urne si allontanassero? Il tempo potrebbe acuire le divisioni interne: Di Maio ormai non raccoglie più la fiducia incondizionata del gruppo storico dei maggiorenti 5 stelle di Camera e Senato; con alcuni, come Roberto Fico, ad esempio, i rapporti si sono raffreddati a temperature polari. “A Roma Luigi ha dimostrato di essere inadeguato, è stato lui lo sponsor principale della giunta Raggi”, dicono i suoi avversari interni. E se i guai giudiziari dell’assessore Muraro e della stessa sindaca dovessero farsi seri, l’enfant prodige del Movimento potrebbe essere costretto a fare un passo indietro. A quel punto, nessuno ha dubbi, l’unica carta di riserva che M5S potrebbe giocare sarebbe l’idolo del web e delle piazze Di Battista, “meno convinto, a differenza di Di Maio – giurano i suoi sostenitori – di poter fare tutto da solo. Ha conservato l’umiltà per fidarsi del lavoro degli altri”.

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