Consulta, svolta per i padri detenuti: via libera ai domiciliari in assenza della madre
Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale ha emesso una sentenza di portata rilevante sul fronte dei diritti genitoriali in ambito penitenziario, stabilendo nuovi equilibri tra la pretesa punitiva dello Stato e il superiore interesse dei minori. La Consulta ha dichiarato costituzionalmente illegittima la norma che precludeva al padre condannato l’accesso alla detenzione domiciliare quando la madre fosse deceduta o impossibilitata a prendersi cura dei figli. La rigidità della disposizione è stata giudicata “lesiva degli interessi preminenti del minore” in quanto impedisce ai bambini di mantenere una relazione continuativa con almeno uno dei genitori. “La decisione rappresenta un punto di svolta nell’interpretazione del diritto penitenziario in chiave di tutela dei diritti fondamentali dei minori”, commentano gli esperti di diritto della famiglia interpellati dalla nostra redazione.
Confermato il regime privilegiato per le madri detenute
Allo stesso tempo, la Corte ha confermato la legittimità costituzionale del trattamento di favore riservato alle madri condannate con figli in tenera età, anche quando il padre sarebbe in grado di prendersene cura. Questa differenziazione, secondo i giudici costituzionali, rappresenta “un bilanciamento non irragionevole” tra l’esigenza di esecuzione della pena e l’interesse del minore.
Il collegio ha rilevato che, nonostante l’evoluzione sociale verso una maggiore equivalenza dei ruoli genitoriali, l’attuale impianto normativo trova solido fondamento nell’articolo 31 della Costituzione e nelle raccomandazioni internazionali che proteggono il rapporto madre-figlio.
Nuovi compiti per i Tribunali di sorveglianza
La pronuncia demanda ai Tribunali di sorveglianza l’interpretazione estensiva del concetto di “impossibilità” materna, suggerendo di includere anche situazioni di particolare gravità, come nel caso di minori con patologie severe che richiedono assistenza continua. Resta comunque in capo ai giudici l’onere di verificare l’assenza di rischi di recidiva e di accertare che il ripristino della convivenza con il genitore detenuto corrisponda effettivamente al benessere del minore.
“Questa sentenza impone una valutazione caso per caso ancora più rigorosa”, sottolineano fonti vicine all’Amministrazione penitenziaria, “bilanciando esigenze di sicurezza pubblica e tutela dei legami familiari”. La decisione, che incide su una popolazione carceraria femminile pari solo al 4% del totale, rappresenta un ulteriore passo verso un sistema penale che, pur mantenendo la sua funzione punitiva, riconosce la centralità dei diritti dei minori nelle politiche detentive.