Cuffaro, Dell’Utri e i detenuti: “Grazie al Partito Radicale”. “Fate ‘sto partito e andiamo in Parlamento”

Cuffaro, Dell’Utri e i detenuti: “Grazie al Partito Radicale”. “Fate ‘sto partito e andiamo in Parlamento”
2 settembre 2016

E’ stata la seconda giornata del Congresso del Partito Radicale, in corso fino a domani nel carcere romano di Rebibbia. Come è stata anche la giornata dei big. A partire da Marcello Dell’Utri. ”Ringrazio i radicali con tutto il cuore. Li ho sempre stimati – ha detto l’ex senatore -. Non sono mai stato radicale ma ora lo sono diventato, mi sono iscritto” a questo che ”neanche è un partito… allora perché non lo fate ‘sto partito e andiamo in Parlamento, prendiamo la maggioranza e facciamo la legge”.  Dell’Utri ha evidenziato di aver imparato “qualcosa dai carcerati, non ho imparato nulla da quelli di fuori”. L’ex senatore attualmente è detenuto in carcere a Rebibbia nella sezione infermeria. Dell’Utri ha ricordato di aver conosciuto detenuti condannati all’ergastolo ostativo, che significa ”fine pena mai”, e di averli visti ”allegri e scambiarsi gli auguri a Natale”.  E ancora: ”Grazie a nome di tutti i miei colleghi detenuti, che sono qui e anche di quelli che ho conosciuto e non sono qui – ha detto rivolgendosi ai radicali – siete gli unici che vi occupate veramente di giustizia e detenzione”, ha osservato l’ex senatore facendo presente come “Radio Radicale sia una delle voci più ascoltate in carcere”. Dell’Utri riesce anche a essere ironico: ”Tanti di noi stiamo in cella a fare cosa? A guardare la televisione. Ora io non posso parlar male della televisione… però devo dire che se non ci fosse in carcere sarebbe meglio: abbrutisce. E invece la biblioteca, è un ‘flatus vocis’. Ancora non ho visto quella di Rebibbia ma a Parma, dove ero diventato bibliotecario, non c’era, era un magazzino. Ho cominciato a mettere a posto gli scatoloni un po’ per volta ma ho lasciato il lavoro a metà perché sono venuto a Roma”. A conclusione del suo intervento, l’ex senatore ha strappato un caloroso applauso dei detenuti presenti in platea.

CUFFARO “Il carcere non ti toglie solo la libertà fisica e materiale. Ti strappa il respiro della vita, ti spezza il fiato, ti sconvolge il tempo. Non ti toglie la libertà ma le libertà”, per esempio ”quella di poter accarezzare i propri cari”. Così Totò Cuffaro dal palco del Congresso del Partito Radicale in corso al carcere romano di Rebibbia parla della ”disumanizzazione” dei detenuti e fa presente: ”Quando sono andato a trovare Pannella nei suoi ultimi giorni mi ricordò il mio impegno per la giustizia e l’umanizzazione delle carceri”. ”In carcere si ha la sensazione di esser lasciati soli, abbandonati – osserva Cuffaro – e lo Stato italiano fa del suo meglio perché avvenga questa disumanizzazione”. Iscritto al partito, Cuffaro dice di esser ”grato al partito Radicale che mi ha permesso di poter rientrare a Rebibbia da uomo libero e di poter rivedere i compagni detenuti, io chiamo compagni solo i detenuti, con i quali ho vissuto. Da presidente della Regione Sicilia ho iscritto la Regione a ‘Nessuno tocchi Caino’ per le importanti battaglie che porta avanti, straordinarie e impopolari. E’ la prima volta ad un Congresso radicale – aggiunge – ne ho fatti tanti con il mio partito, e ho ritrovato qui la stessa veemenza che c’era nella Dc”. Poi un appello contro l’ergastolo: ”I radicali vinceranno anche questa battaglia. E anche se è un’utopia, ci sono alcune cose che il ministro della Giustizia e il Dap possono fare: umanizzare le carceri ed essere ossequiosi al principio di rieducazione previsto dalla nostra Costituzione. Questo Paese riuscirà a risolvere il problema delle carceri quando capirà che i detenuti non sono solo storie di corpi ma sono storie di anime”.

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I DETENUTI ”Un vuoto incolmabile quello lasciato in tutti noi la scomparsa dell’amico Marco. La sua assenza è esclusivamente fisica perché sono vivi qui in mezzo a noi il pensiero, lo spirito, l’indomita determinazione e l’impegno profuso per le battaglie ‘nonviolente’ in difesa dei diritti civili, che hanno contrassegnato la sua vita mettendo spesso a rischio la sua incolumità fisica”. Lo ha detto Gianpaolo Contini, un ergastolano, intervenendo dal palco. ”Uno Stato di Diritto – ha continuato un altro detenuto, Fabio Falbo – non deve condannare a morte o a pene infamanti, come l’ergastolo ostativo, i propri figli senza una benché minima speranza”. ”Il primo pensiero – ha concluso il detenuto Giuseppe Scuderi – è che si parla di una pena. Ma la pena ha come significato il senso di espiare, di avere un inizio e una fine, cosa in grande contrasto con la data del mio certificato penale che riporta come fine pena l’anno 9999”.

IL BUFFET Farro con verdure, focacce varie farcite in modo diverso, tramezzini, rustici, dolci, crostate e mini-krapfen alla crema. Questo il menù del buffet, rigorosamente preparato dai detenuti del carcere romano di Rebibbia, per il Congresso del Partito Radicale. Per l’ora della pausa con pranzo i partecipanti si sono spostati verso il piazzale area verde, chiamato Borgo nostro, dove sono stati allestiti tavolini al riparo dal sole sotto gazebo. A curare la gastronomia e il catering la cooperativa ‘Men at work’ che oggi per il Congresso ha preparato da mangiare per 450 persone. La cooperativa gestisce anche il centro cultura e organizza all’interno del carcere dei corsi di formazione. I detenuti assunti sono 7 e sono coordinati da un tecnico esterno.

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