Elezioni, dopo collegi parte corsa. Probabile voto a marzo

Elezioni, dopo collegi parte corsa. Probabile voto a marzo
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella
24 novembre 2017

Con la delibera da parte del Consiglio dei ministri del decreto legislativo sui collegi elettorali la strada verso le prossime elezioni politiche assume contorni sempre più definiti. La macchina elettorale si sta mettendo in moto avviandosi verso due passaggi cruciali per lo svolgimento della consultazione: lo scioglimento delle Camere e la conseguente data del voto. Il passaggio in Consiglio dei ministri del dlgs non rappresenterebbe – come detto da alcuni – una forzatura dei tempi elettorali ma solo il rispetto della norma. Dopo la pubblicazione della nuova legge elettorale il 12 novembre scorso, il Rosatellum, è intervenuta la delega dal Parlamento al governo, che prevede 30 giorni per essere portata a compimento con il varo del decreto legislativo. In questo tempo, dopo l’approvazione del Consiglio dei ministri, il decreto legislativo viene inviato alle Camere per un esame, non vincolante. Al termine del lavoro di Camera e Senato il provvedimento tornerà in Consiglio dei Ministri per poi essere trasmesso al Quirinale che provvederà alla firma. Dal prossimo 12 dicembre quindi si avrà il decreto legislativo, firmato dal capo dello Stato, e il conseguente quadro del territorio su cui competeranno le forze politiche per conquistare la maggioranza in Parlamento sarà chiaro. A questo punto mancheranno i due passaggi indicati prima, scioglimento Camere e, a seguire, data del voto. Da mesi il capo dello Stato viene di fatto ‘tirato per la giacchetta’ da questo o da quel partito sulla data dello scioglimento del Parlamento. In questi giorni gli viene anzi assegnata (più o meno criticamente) la volontà di anticipare il voto. Ma è bene ricordare che da circa un anno il 90% delle forze politiche (Pd, Lega, M5s su tutti, e anche FI che però oggi fa i suoi calcoli politici sulla sentenza di Strasburgo su Berlusconi) ha chiesto a più riprese le elezioni il prima possibile.

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Parlare quindi di forzatura dei tempi da parte di Mattarella – come emerge da alcuni commenti – sembra essere fuori luogo. Anche perché comunque la legislatura terminerà naturalmente il 15 marzo prossimo e non è certo possibile, da parte di Mattarella come degli schieramenti politici, voltarsi dall’altra parte. Il capo dello Stato ha evitato – dopo avere invece più volte sollecitato le forze politiche ad approvare una legge elettorale il più possibile condivisa – e sta evitando di intervenire sull’argomento. Ma il tempo che manca da qui alla fine della legislatura non può non portare a considerazioni – e calendario – su quale sarà la cadenza degli appuntamenti. Dallo scioglimento del Parlamento alle elezioni debbono passare sessanta giorni. Considerando la scadenza naturale della legislatura è probabile che il capo dello Stato sciolga Camera e Senato a gennaio permettendo così lo svolgimento delle elezioni nel mese di marzo, il 4 o l’11 o il 18. Indicazioni sulla data dello scioglimento – è una indiscrezione di stampa che circola da settimane ma mai confermata dal Colle – potrebbero venire nel corso del consueto scambio di auguri natalizi tra il presidente con le alte cariche dello Stato o emergere dal suo tradizionale messaggio di fine anno. Quale sarà la data di scioglimento, a quel punto la macchina elettorale (con conseguente indicazione del giorno del voto, che è competenza del governo) sarà a pieno regime. Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni avrà davanti a sé due strade: dimissioni oppure rimanere in carica. Se dovesse dimettersi resterebbe ovviamente in carica ma solo per l’ordinaria amministrazione.

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Se invece non scegliesse questa strada rimarrebbe in carica con i pieni poteri e potrebbe, per esempio, portare a termine qualche provvedimento rimasto in sospeso: potrebbero essere lo ius soli, il testamento biologico, la tortura. Alcuni commentatori parlano di una accelerazione dei tempi da parte di Mattarella per poi andare nuovamente alle urne, dopo marzo, nel mese di giugno. Certo, le premesse per una rapida formazione del governo all’indomani dell’esito elettorale non sembrano esserci ma sembra essere altrettanto lontana l’ipotesi – con fumata nera a marzo – di un nuovo voto dopo appena due mesi. Anche qui, calendario e adempimenti alla mano, i tempi non ci sono (anche se la politica ci ha abituato a volte a capriole impensabili). Dopo il voto si dovranno insediare le nuove Camere che procederanno all’elezione dei rispettivi presidenti. Successivamente prenderanno il via le trattative fra i partiti per definire eventuali alleanze e le consultazioni formali del capo dello Stato per dare l’incarico al nuovo premier. E tutto questo, ammesso che non ci siano inciampi, porterebbe ai primi di maggio. Una strada molto rapida e forse non realistica. In ogni caso, nel momento in cui Mattarella dovesse constatare l’impossibilità da parte del premier incaricato di raccogliere intorno a sé la necessaria maggioranza parlamentare, ci sarà probabilmente un nuovo incarico, con nuove trattative e nuove consultazioni. Se anche fallisse questo passaggio allora sì, dovrebbero essere convocate nuove elezioni che inevitabilmente andrebbero a ridosso della fine di luglio. Ma sembra impensabile che si possa votare in quel periodo, in piene vacanze e con milioni di cittadini lontani dalle proprie abitazione e dai propri seggi elettorali.

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Allora l’alternativa sarebbe settembre-ottobre, in piena sessione di bilancio però. Con un governo Gentiloni, sempre nel pieno dei poteri ma evidentemente delegittimato, che dovrebbe affrontare la manovra e considerare che il 15 ottobre il testo degli interventi sui conti pubblici dovrà andare a Bruxelles. Il rischio sarebbe quello di un intervento sulla nostra economia confezionato direttamente dalla Ue. E comunque, perché Mattarella dovrebbe favorire uno spostamento delle elezioni all’ottobre del 2018 quando in questi mesi ha lasciato intendere, più volte, che le elezioni anticipate nell’autunno 2017 non sarebbero state una buona cosa perché si sarebbero incrociate con la manovra?Insomma, lo scenario – al netto delle considerazioni e dei calcoli che i vari uffici istituzionali stanno svolgendo sulle date (Pasqua, feste, ponti e quant’altro) – sembra essere quello di una naturale conclusione della legislatura con conseguente voto. Con un Mattarella che sullo sfondo pare sollecitare (visto il quadro che potrebbe profilarsi in mancanza di accordi) le forze politiche a trovare intese per il governo del Paese. I partiti dovrebbero avere tutto il tempo per raggiungere accordi e alleanze e soprattutto per impegnarsi ad offrire agli elettori una credibilità, una serietà di intenti che porti anche quei cittadini ormai lontani dalle urne nuovamente al voto. Altrimenti il tunnel dell’astensione si farà sempre più buio.

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