Garlasco, il delitto Chiara Poggi: 18 anni dopo, il giallo riapre tra Dna, assenze e tigrotti

Chiara Poggi (1)

Chiara Poggi

Una storia che sembrava scritta, con un colpevole e un epilogo. Invece, il delitto di Chiara Poggi – la studentessa di 19 anni trovata morta il 13 agosto 2007 nella villa di famiglia a Garlasco – torna a far discutere, dividere, interrogare.

Tre ex ragazzi, ora adulti, sono di nuovo sotto la lente della procura di Pavia: Andrea Sempio, Alberto Stasi (già condannato) e Marco Poggi, fratello della vittima. Tutti chiamati a rendere conto di quel giorno, mentre la giustizia cerca di riscrivere una verità che forse non è mai stata definitiva.

L’assenza, il tigrotto e il “no” degli avvocati

Andrea Sempio, 38 anni, avrebbe dovuto presentarsi in procura oggi alle 14 per un interrogatorio chiave. Invece, non si è fatto vivo. I suoi legali, Massimo Lovati e Angela Taccia, hanno fatto muro: nell’invito a comparire mancherebbe l’avvertimento sull’accompagnamento coattivo, un vizio di forma che ne invaliderebbe la validità. “Guerra senza paura. Cpp we love u” – con l’emoji di un tigrotto. Poche ore prima, l’avvocata Taccia postava su Instagram questa storia enigmatica. Un messaggio cifrato, forse di sfida, forse di solidarietà al cliente.

Sempio è nel mirino da quando, nel 2023, nuove analisi genetiche hanno rilevato tracce del suo DNA sotto un’unghia di Chiara. Un dettaglio microscopico, emerso dopo 16 anni, che ha riaperto un caso archiviato come risolto. Il 13 marzo scorso, su autorizzazione della Cassazione, gli è stato prelevato coattivamente materiale biologico. Ma la difesa ha già ottenuto la ricusazione del primo perito, Emiliano Giardina, per “troppa vicinanza” all’accusa.

Stasi, il condannato che torna in semilibertà

Alberto Stasi, l’unico condannato per l’omicidio (16 anni nel 2015), oggi è arrivato in procura accompagnato dall’avvocata Giada Bocellari. Entrato dall’ingresso posteriore, evitando i giornalisti, ha ripetuto ciò che dice da anni: “Sono innocente”.

Dopo nove anni di carcere, gode ora della semilibertà. La sua condanna, arrivata in Cassazione dopo due assoluzioni, si è sempre regguta su un mosaico di indizi: alibi traballanti, rapporti conflittuali con Chiara, una presunta ossessione dopo la loro rottura.

Ma oggi la procura cerca “altri”. Complici? O addirittura un colpevole diverso? Le domande sono tornate a galla con forza, e Stasi potrebbe essere non più il killer solitario, ma parte di una trama più complessa. O, al contrario, un innocente sacrificato a una verità frettolosa.

La scena del crimine: sangue lavato e dettagli mancanti

Quella notte del 2007, Chiara fu colpita alla testa con un oggetto contundente e lasciata a morire sulle scale di casa. Niente effrazione, niente testimoni. La scena presentava anomalie: tracce di sangue lavate, ma altri dettagli trascurati.

Un delitto “pulito” eppure disordinato, come se qualcuno avesse voluto nascondere frettolosamente le prove. Il fratello Marco, all’epoca 17enne, fu interrogato ma mai indagato. Oggi, a 35 anni, è di nuovo sotto i riflettori: la procura vuole capire se quel pomeriggio tutti mentirono, o se qualcuno sa più di quanto ha detto.

“Ho paura di incrociarlo per strada”. Così confessava recentemente la madre di Chiara, riferendosi a Stasi. Ma la sua angoscia più grande è un’altra: che dopo 18 anni, la verità svanisca in un labirinto di “se”. Ora la palla passa ai periti, ai magistrati, a quei frammenti di DNA che potrebbero riscrivere la storia. O confermare l’impensabile: che forse, davvero, la giustizia si è sbagliata. Una cosa è certa: il caso Garlasco non è mai stato chiuso. Solo sopito.