L’app ‘Immuni è già nel mirino del Copasir. Arcuri davanti al comitato per la sicurezza

L’app ‘Immuni è già nel mirino del Copasir. Arcuri davanti al comitato per la sicurezza
19 aprile 2020

Non è entrata in funzione ed è già nel mirino del Copasir. D’altronde, si tratta “di sicurezza nazionale”. E si tratta, anche, della privacy di milioni di italiani. Parliamo dell’applicazione ‘Immuni’, scelta dal governo Conte 2 per aiutare il contenimento dei contagi. Il commissario per l’emergenza coronavirus, Domenico Arcuri, lo scorso 16 aprile ha firmato il contratto di appalto di servizio con la società italiana Bending Spoons, progettatrice della stessa app. Da allora, nulla si sa. Dalla stessa società, un assordante silenzio. Eppure sono tanti gli interrogativi sull’uso di ‘Immuni’. Infatti, l’applicazione, tra le altre cose, è destinata ad ospitare una sorta di “diario clinico” in cui l’utente possa annotare tempo per tempo dati relativi alle proprie condizioni di salute, come la presenza di sintomi compatibili con il virus. E altre informazioni personali. Da qui l’intervento del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, che mercoledì si riunirà “per discutere alcune importanti questioni”, tra cui proprio quella dell’app per il tracciamento del contagio del nuovo coronavirus durante la tanto attesa ‘fase 2’.

Domenico Arcuri

È lo stesso presidente del Copasir, Raffaele Volpi, a comunicare che sull’app, il Comitato vuole “approfondire sia gli aspetti di architettura societaria, sia quanto riguarda le forme scelte dal Commissario Arcuri per l’affidamento e la conseguente gestione dell’applicazione… si tratta di materia afferente alla sicurezza nazionale”. Non è escluso che lo stesso Arcuri verrà ascoltato dall’organo parlamentare che esercita il controllo sull’operato dei servizi segreti italiani. Arcuri, comunque, è un soggetto navigato. Dal 2007 è alla guida di Invitalia, l’Agenzia nazionale per lo sviluppo del ministero dell’Economia. Come dire, per tredici anni ne ha visto parlamenti e governi. Tra i primi a chiedere chiarimenti sull’app sono stati i deputati della Lega. Alessandro Morelli, deputato e presidente della commissione Telecomunicazioni alla Camera, ha denunciato che non ci sarebbe “alcuna garanzia per la privacy degli italiani e sulla sicurezza dei server”, ricordando che il garante della privacy, Antonello Soro, ha detto di “non essere stato coinvolto nella valutazione dell’applicazione”.

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Anche il M5s, in una nota congiunta col Pd, ha sostenuto la necessità di coinvolgere il Copasir perché di fatto si tratta “di una questione di sicurezza nazionale”. In sostanza, Arcuri ha firmato il contratto di ‘Immuni’ e il parlamento lo stoppa perché, giustamente, vuole capire. E ci sarà tanto da capire. Intanto, qualcosa è trapelato su alcune specifiche tecniche dell’app, come l’utilizzo della tecnologia Bluetooth per il tracciamento dei contatti avuti tra i dispositivi, e la possibilità data agli utenti che decidono di utilizzarla di condividere o meno i loro dati in caso di contagio. Già, perché l’uso dell’app, tra l’altro, è facoltativo, quindi aleatorio e di conseguenza rende l’intero servizio di tracciamento certamente non tanto attendibile. Poi c’è il fatto che Bending Spoons (lo sviluppatore dell’app) fa parte del tanto famoso progetto PEPP-PT (Pan-European Privacy-Preserving Proximity Tracing), che non è un progetto istituzionale ma nasce dal raggruppamento di vari soggetti privati. Altro legittimo sospetto che i dati possano varcare le Alpi.

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