Le nuove frontiere della ricerca

10 marzo 2014

Non c’è ancora un vaccino, non esiste ancora un trattamento che possa dirsi cura, e per questo la ricerca contro l’hiv non si ferma. Dopo la conquista della terapia antiretrovirale (Art), grazie alla quale chi è affetto dalla malattia riesce a controllare la carica virale e a vivere in buone condizioni di salute (sebbene milioni di persone non abbiano ancora accesso alla terapia), gli scienziati hanno dimostrato che la stessa terapia è prevenzione. L’Art, infatti, non solo abbassa vertiginosamente il rischio di trasmissione del virus dai pazienti sieropositivi a quelli sieronegativi (meno 96%), ma funziona anche come profilassi (in coppie sierodiscordanti. Infatti, qualora uno dei due è infettato dall’hiv, la terapia antiretrovirale assunta dal partner sieronegativo abbassa il rischio di infezione.

L’Art da sola però non basta per sconfiggere una malattia con cui convivono oggi circa 35 milioni di persone al mondo: è necessario potenziare sia la prevenzione che mettere a punto nuovi trattamenti. E qualcosa su questi fronti si sta muovendo, a cominciare dal potenziamento della stessa Art. Pochi giorni fa infatti è stato presentato il secondo caso di una neonata, nata sieropositiva, che dopo mesi di terapia Art aggressiva non mostrava più traccia del virus. Pur non potendo parlare di cura, il caso della bimba di Los Angeles potrebbe aprire le porte a una modifica delle linee guida adottate per il trattamento dei neonati sieropositivi, come vi avevamo raccontato. Ma non c’è solo la Art. (Anna Lisa Bonfranceschi)

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