Lo spettrografo Espresso misura la costante alfa con il quasar

Lo spettrografo Espresso misura la costante alfa con il quasar
19 dicembre 2021

Per la prima volta, il nuovo spettrografo dell’Eso Espresso è stato utilizzato per misurare con precisione una costante fondamentale della fisica: la costante di struttura fine o alfa. Quasi tutte le misurazioni precedenti sono state caratterizzate da errori causati dallo strumento utilizzato, mentre con Espresso i ricercatori – tra cui anche diversi dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) – hanno la possibilità di eliminare gli errori strumentali portando a casa misurazioni precise. I risultati, – informa Media Inaf, il notiziario online dell’Istituto nazionale di astrofisica – ottenuti a partire da osservazioni della luce emessa dal quasar 0515-4414, sono stati riportati in un articolo pubblicato su Astronomy & Astrophysics.

“Misurando la forza elettromagnetica in una lontanissima nube di gas abbiamo trovato che l’elettromagnetismo aveva la stessa forza di 8,4 miliardi di anni fa”, racconta Michael Murphy, primo autore dell’articolo e ricercatore presso la Swinburne University of Technology. La costante alfa non ha subito alcun cambiamento ed Espresso è stato in grado di misurarlo in maniera affidabile. La costante di struttura fine è la costante di accoppiamento dell’interazione elettromagnetica: il suo valore è pari a circa 1/137. I fisici che utilizzano gli orologi atomici detengono il record per la precisione della misura di alfa: hanno trovato che alfa non varia di più di 1 parte su un quintilione ogni anno, ed è probabilmente la misura più precisa mai registrata nella fisica. Cosa vuol dire? Praticamente equivale a conoscere l’età dell’universo con una precisione di pochi secondi.

I numeri come l’alfa sono particolarmente importanti per la comprensione della natura, ma il perché abbiano i valori che hanno è un mistero. Nonostante i molteplici successi del Modello standard della fisica, i ricercatori non hanno alcuna spiegazione teorica per le quantità che chiamiamo “costanti fondamentali” né tantomeno possono prevedere il loro valore. Il compito dei fisici e degli astronomi è quindi quello di verificare se sono, in effetti, veramente costanti. “Se scoprissimo che variano – continua Murphy – avremmo bisogno di una spiegazione per questo, e ciò richiederebbe una teoria della fisica completamente nuova e più fondamentale rispetto al ‘modello standard’ che abbiamo attualmente. Sebbene la nostra nuova misurazione non trovi alcun cambiamento di questo tipo, abbiamo dimostrato che Espresso può effettuare misurazioni molto affidabili delle costanti fondamentali”. Altri spettrografi ad alta risoluzione hanno fornito centinaia di misurazioni della costante di struttura fine negli ultimi due decenni. Ciò che preoccupava i fisici, però, era il risultato: dai dati sembrava l’alfa variasse nel corso di miliardi di anni, e anche nel cielo, fino a 10 parti per milione. 

L’intoppo era proprio negli strumenti scelti per queste ricerche, non erano all’altezza del compito: stavano distorcendo gli spettri dei quasar osservati. Questo schiacciamento e allungamento degli spettri imitava ciò che ci aspetteremmo se la forza dell’elettromagnetismo cambiasse da un luogo all’altro, e di volta in volta, nell’universo. Espresso è un acronimo e sta per Echelle SPectrograph for Rocky Exoplanets and Stable Spectroscopic Observations. È uno spettrografo “super-stabile”, montato in una camera a vuoto in un laboratorio isolato e collocato sotto i 4 telescopi del Very Large Telescope (Vlt) dell’Eso in Cile. Lo spettro quasar protagonista dello studio è stato anche calibrato con il “Laser Comb” di Espresso, un dispositivo basato sulla frequenza laser che ci consente di conoscere la lunghezza d’onda della luce in qualsiasi punto dello spettro con una precisione elevatissima. Il quasar 0515-4414 è stato scoperto negli anni ’90 ed è il quasar più brillante la cui linea di visuale intercetta una galassia. Ha un redshift di 1,71, il che vuol dire che la luce ha impiegato quasi 10 miliardi di anni per raggiungerci. La galassia intercettata (da cui si ricavano le misure riportate nell’articolo) ha invece un redshift di 1,1 che equivale a una distanza di 6 miliardi di anni luce.

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