Pd-Leu `blindano’ M5s: basta tavoli separati, stop tatticismi

Pd-Leu `blindano’ M5s: basta tavoli separati, stop tatticismi
Enrico Letta (in primo piano) e Roberto Speranza
25 gennaio 2022

Adesso ci si sieda insieme, basta tatticismi e – soprattutto – giocate su più tavoli. Al vertice di centrosinistra si arriva tra i sospetti reciproci, dopo giorni di dichiarazioni in ordine sparso e incontri separati e con il nome di Elisabetta Casellati monopolizza le chiacchiere di Transatlantico. E’ lei quella che oggi tutti descrivono come la carta “segreta” – ma non troppo – che Matteo Salvini potrebbe giocare per spaccare l’alleanza giallorossa e sbarrare definitivamente la strada del Quirinale per Mario Draghi. Una carta da buttare sul tavolo contando sulla sponda di Giuseppe Conte, che nel colloquio di ieri con il leader della Lega avrebbe lasciato la porta aperta. Il Pd minaccia, “così finisce la legislatura”, Leu non ci crede molto, “è un bluff, figurarsi se i 5 stelle si suicidano, sapendo che si andrebbe a votare”, Conte spiega che il suo doppio binario serve per compattare il Movimento, che sono mosse tattiche, però insiste a dire che Draghi deve restare a palazzo Chigi, cosa che al Pd non piace proprio.

E’ questo il clima all’inizio della riunione ed è il motivo per cui Letta propone la mossa che dovrebbe portare tutti a scoprire le carte, quel tavolo congiunto che lui stesso lanciò già lo scorso ottobre e che anche Salvini aveva provato ad organizzare quando ancora c’era la candidatura di Silvio Berlusconi in campo. Il punto, spiega uno dei partecipanti all’incontro, è che “non abbiamo ancora capito cosa vuole fare Salvini: non è chiaro se lavori davvero ad un accordo o se cerca la forzatura per rompere la maggioranza e andare a elezioni anticipate”. Un dirigente Pd, dopo la riunione, conferma: “Adesso ci si siede tutti insieme, così ognuno deve scoprire le carte”. E “ognuno” significa innanzitutto Salvini, certamente, ma anche Conte, che a questo punto dovrà mettere da parte le “mosse tattiche”. Un esponente M5s vicino ai vertici, in realtà, tiene a precisare che “il tavolo congiunto era stato già proposto da noi tutti nelle riunioni con Pd e Leu, ma si era scelto di partire prima con incontri singoli”.

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Ma è un dato di fatto che sia tra i democratici che dentro Leu ci sia parecchio fastidio – anche se per motivi non del tutto coincidenti – per le mosse del leader M5s degli ultimi giorni. Peraltro, viene stoppata anche l’idea dei 5 stelle di presentare una rosa di nomi contrapposta a quella del centrodestra. Formalmente, come dice Francesco Boccia, per non chiudere al dialogo: “Noi non ci stancheremo mai di ricercare il dialogo per far sì che la maggioranza che sostiene il governo Draghi e in generale maggioranza e opposizione presenti in parlamento, sostengano l’elezione di un presidente o di una presidente di tutti gli italiani “. Le “rose di nomi” contrapposte avrebbero protratto appunto il gioco di specchi, il tatticismo. “Abbiamo evitato la guerra delle due rose”, dice con una battuta Roberto Speranza lasciando il vertice. Ma, appunto, ha pesato anche il timore che il centrodestra potesse poi incunearsi tra i “giallorossi”, lanciando alla quarta chiama la Casellati, nome istituzionale che “i 5 stelle hanno già votato”, sottolinea un deputato di Iv. Niente rose, dunque, Letta, appunto, è molto chiaro: “La nostra proposta – dice alla fine della riunione – è terminarla coi tatticismi, chiudersi in una stanza e trovare la soluzione. Nome condiviso, senza forzature che secondo me dobbiamo tutti evitare”.

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E Enrico Borghi ricorda: “Vogliamo parlare di cose serie? Il rischio di una guerra in Ucraina, la crisi energetica, l’impennata dei costi delle materie prime ci dicono che dobbiamo avere rapidamente un presidente di alto profilo, senza indurre in tatticismi”. Un esponente di Leu insiste sulla vera questione: “Domani bisogna costruire un luogo dove smettere giocare e partire dalla domanda principale: restiamo al governo o andiamo al voto?”. Se si vuole andare avanti, continua, ci sono solo “tre ipotesi: Mattarella-bis, Draghi con un accordo di governo, oppure un nome per il Colle né di qua né di là: Amato, Casini. Solo così il governo regge”. E dunque, basta dire che si potrebbe anche votare “un nome di centrodestra”, come ha fatto ieri Conte. “E quale sarebbe questo nome? – insiste il parlamentare di Leu – E’ un discorso teorico, quando fai questa domanda i 5 stelle rispondono: lo diciamo per un fatto di principio, ci si può lavorare. Ma che vuol dire?”.

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