Pompei, da un cantiere antico svelati segreti dell’edilizia romana

Pompei, da un cantiere antico svelati segreti dell’edilizia romana
25 marzo 2024

Dagli scavi nel Parco archeologico di Pompei sono emersi nuovi dati sull’edilizia romana. Dagli ambienti di antiche domus, nella Regio IX, insula 10, arrivano testimonianze di un cantiere in piena attività, con strumenti di lavoro, tegole, mattoni di tufo accatastati e cumuli di calce. Un cantiere che secondo gli studiosi era attivo fino al giorno dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. e che interessava tutto l’isolato.

Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano: “Pompei è uno scrigno di tesori e non tutto si è svelato nella sua piena bellezza. Tanto materiale deve ancora poter emergere. Nell’ultima Legge di Bilancio abbiamo finanziato nuovi scavi in tutta l’Italia e una parte importante di questo stanziamento è destinata proprio a Pompei”. Il ministro ha ricordato il record di scavi attivi in questo momento nel sito, come mai da decenni. Le scoperte sono un ulteriore esempio di come Pompei “ci faccia capire tante cose del grande Impero romano, anche l’uso dell’opera cementizia”, ha commentato il direttore del Parco archeologico, Gabriel Zuchtriegel.

 

 

Secondo gli studiosi il cantiere era attivo fino al giorno dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., che iniziò intorno all’ora di pranzo e durò fino alla mattina del giorno successivo. Lo scavo nell’area in questione, finalizzato alla regimentazione dell’assetto idrogeologico lungo il confine tra la parte scavata e quella non scavata della città romana, sta attestando la presenza di un cantiere antico che interessava tutto l’isolato. Particolarmente numerose sono le evidenze dei lavori in corso nella casa con il panificio di Rustio Vero, dove è stata già documentata negli scorsi mesi una natura morta con la raffigurazione di una focaccia e un calice di vino. L’atrio era parzialmente scoperto, a terra si trovavano accatastati materiali per la ristrutturazione e su un’anta del tablino (ambiente di ricevimento), decorato in IV stile pompeiano con un quadro mitologico con Achille a Sciro, si leggono ancora oggi quelli che probabilmente erano i conteggi del cantiere, ovvero numeri romani scritti a carboncino, facilmente cancellabili a differenza dei graffiti incisi nell’intonaco.

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Un cantiere antico

 

“Senza la tecnica costruttiva, l’opus caementicium degli antichi romani, non avremmo né il Colosseo, né il Pantheon, né le Terme di Caracalla – ha aggiunto il direttore del Parco archeologico -. Qui a Pompei possiamo capire in diretta come funzionava un cantiere antico. Vediamo le tegole accatastate, i mattoni, gli attrezzi lasciati lì, i conteggi sui muri con carboncino, poi interviene l’eruzione del Vesuvio e tutto si ferma. Possiamo capire come costruivano i muri, probabilmente, e questo è il risultato ottenuto grazie alla collaborazione con il Massachusetts Institute of Technology, con la calce viva, ancora non mescolata con acqua, messa in opera insieme ad altri e inerti e materiali di costruzione, diventa calda, nel momento in cui si mescola con l’acqua e questo consente di costruire in pochissimo tempo un muro”.

Tracce delle attività in corso si trovano anche nell’ambiente che ospitava il larario, dove sono state trovate anfore riutilizzate per spegnere la calce impiegata nella stesura degli intonaci. In diversi ambienti della casa sono stati scoperti strumenti di cantiere, dal peso di piombo per tirare su un muro perfettamente verticale (a piombo) alle zappe di ferro usate per la preparazione della malta e per la lavorazione della calce. Anche nella casa vicina, raggiungibile da una porta interna, e in una grande dimora alle spalle delle due abitazioni, per ora solo parzialmente indagata, sono state riscontrate numerose testimonianze di un grande cantiere, attestato anche dagli enormi cumuli di pietre da impiegare nella ricostruzione dei muri e dalle anfore, ceramiche e tegole raccolte per essere trasformate in cocciopesto. Importante ora “fare rete tra enti di ricerca – ha concluso Zuchtriegel – per studiare il saper fare costruttivo degli antichi romani, da cui forse, si può imparare, pensando alla sostenibilità e al riuso dei materiali”.

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Materiali e tecniche

 

Nell’analisi dei materiali e delle tecniche costruttive, il Parco Archeologico di Pompei si è avvalso del supporto di un gruppo di esperti del Massachusetts Institute of Technology, Usa. “L’ipotesi portata avanti dal team è quella dello hot mixing, ovvero la miscelazione a temperature elevate, dove la calce viva (e non la calce spenta) è premiscelata con pozzolana a secco e successivamente idratata e applicata nella costruzione dell’opus caementicium” fanno sapere gli esperti. Normalmente, la calce viva viene immersa nell’acqua, cioè spenta, molto tempo prima dell’uso in cantiere, formando il cosiddetto grassello di calce, un materiale di consistenza plastica. Lo spegnimento, ovvero la reazione tra calce viva e acqua, produce calore.

Solo al momento della messa in opera, la calce viene poi mescolata con sabbia e inerti per produrre la malta o il cementizio. Nel caso del cantiere di Pompei, invece, risulta che la calce viva, ovvero non ancora portata a contatto con l’acqua, venisse in un primo momento mescolata solo con la sabbia pozzolanica. Mentre il contatto con l’acqua avveniva poco prima della posa in opera del muro. Ciò significa che, durante la costruzione della parete, la miscela di calce, sabbia pozzolanica e pietre era ancora calda per via della reazione termica in corso e di conseguenza si asciugava più rapidamente, abbreviando i tempi di realizzazione dell’intera costruzione. Diversamente quando si trattava di intonacare le pareti, sembra che la calce venisse prima spenta e successivamente mescolata con gli inerti per essere poi stesa, come si fa ancora oggi.

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