Riforma dei partiti, ancora un rinvio. Stop a proposta segretario-premier

Riforma dei partiti, ancora un rinvio. Stop a proposta segretario-premier
18 aprile 2016

Slitta ancora la riforma dei partiti. Prevista per l’Aula a fine marzo, poi rinviata a fine aprile, ora l’Assemblea di Montecitorio non se ne dovrebbe occupare prima di giugno. La commissione Affari costituzionali, infatti, non prevede di terminare l’esame del provvedimento prima della fine di maggio. Dunque, la riforma potrebbe essere licenziata dalla Camera, salvo intoppi e se viene confermata la volonta’ politica della maggioranza, entro l’estate. Spaziano tra vari argomenti e normative le 10 proposte di legge sulla riforma dei partiti e la piena applicazione dell’articolo 49 della Costituzione, all’esame della commissione Affari costituzionali della Camera. Si va dall’istituzione delle primarie per legge al ripristino del finanziamento pubblico dei partiti, passando da un giro di vite sulle fondazioni alla pena dell’esclusione dalle elezioni se non vengono rispettati taluni requisiti, fino all’incompatibilita’ tra incarichi di governo e cariche apicali di partito, ovvero impossibilita’ del doppio ruolo premier-segretario.

L’esame dei diversi testi (4 sono quelli del Pd) e’ iniziato da alcune settimane, ma non si e’ ancora entrati nel vivo della discussione: si attende, infatti, il testo base al quale sta lavorando il relatore Matteo Richetti (Pd). Un testo che sarebbe dovuto arrivare a meta’ aprile, ma poi sono sopraggiunte le proposte dei 5 Stelle, di Sel, una di Forza Italia e dello stesso presidente di commissione, Mazziotti (Sc). E cosi’, viene assicurato, il testo base dovrebbe vedere la luce entro “una decina di giorni, al massimo due settimane”, spiegano fonti della prima commissione. Previsione confermata dal Pd: “al massimo entro la prossima settimana avremo il testo”. Da qui il calendario che si ipotizza in Affari costituzionali (anche se sara’ l’Ufficio di presidenza a stabilire il timing), e che prevede il via libera del provvedimento da parte della commissione a fine maggio. Quindi, per la maggioranza, l’ok della Camera potrebbe arrivare entro l’estate. Nel programma dei lavori dell’Aula la riforma dei partiti e’ inserita nel mese di maggio, ma si tratta solo di un calendario di massima. Il Pd punta ad avere i voti della maggioranza che sostiene il governo, ma “potrebbero arrivare anche quelli di Sinistra italiana e Forza Italia”, spiegano fonti dem.

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Il relatore dovra’ fare un’opera di cesello per tenere insieme i punti base delle varie proposte, soprattutto quelle del Pd. Ma i paletti sono gia’ stati individuati, come spiegava lo stesso Richetti alcune settimane fa. Oggi dal Pd confermano: nessuna norma punitiva (come, ad esempio, l’esclusione dalle elezioni prevista dalla proposta Guerini), ne’ alcuna possibilita’ di ritorno a una sorta di finanziamento pubblico (ipotesi prevista da una delle proposte di Sel). Nessun intervento sulle primarie (ne’ facoltative, ne’ tantomeno obbligatorie per legge, se ne occupera’ il Senato, sottolineano fonti dem), ma i partiti dovranno essere riconosciuti come soggetti con personalita’ giuridica e avranno l’obbligo di dotarsi di uno Statuto e di iscriversi all’apposito albo. Infine, la maggioranza delle forze politiche conviene sulla necessita’ di norme stringenti sulla trasparenza. Tra le proposte presentate in commissione, accanto alle 4 del Pd, c’e’ il testo di Forza Italia (a prima firma Centemero) che pero’ si limita a norme sulla parita’ di genere. Sinistra italiana aveva inizialmente depositato la proposta a prima firma Quaranta, che prevede il ripristino di una sorta di finanziamento pubblico. Recita il testo: “E’ istituito presso il Mef il Fondo per il finanziamento dei partiti politici. Il Fondo e’ alimentato annualmente in sede di legge di stabilita’ nella ragione di 1 euro per ogni voto regolarmente espresso nel corso delle ultime elezioni politiche”. In comune con la proposta, sempre targata SI, ma a prima firma D’Attorre, c’e’ l’incompatibilita’ fra la carica di segretario del partito e di presidente del Consiglio o componente del governo.

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Il testo D’Attorre, inoltre, prevede norme rigide in materia di Statuto, con la pena di esclusione dalle urne: “I partiti e i movimenti politici che intendono presentare liste di candidati alle elezioni sono tenuti a dotarsi di uno statuto”. Nella relazione introduttiva si legge: “i proponenti ritengono necessario il finanziamento dei partiti e dei movimenti politici, seppure ridimensionato”. D’Attorre spiega: “non c’e’ reintroduzione del finanziamento pubblico, ma il punto centrale e’ l’incompatibilita’ tra cariche di governo e cariche apicali di partito per chi chiede di accedere al 2×1000 o ad altre forme di risorse pubbliche”. Prevede la pena dell’esclusione dalle urne anche la proposta di Mazziotti (Sc): “I partiti che intendono presentare liste di candidati, devono depositare presso il Ministero dell’interno lo statuto”. Infine, il testo dei 5 Stelle (a prima firma Toninelli), non fa cenno a statuti ne’ a personalita’ giuridica, ma si concentra su fondazioni o associazioni, che vengono equiparate ai partiti, e sulla trasparenza dei contributi e dei bilanci. E’ di oggi, poi, la proposta targata 5 Stelle di introdurre il vincolo di mandato per i parlamentari. Il componente del direttorio pentastellato e vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, al convegno ‘Open Democracy – Metodi e strumenti digitali per rendere la democrazia piu’ partecipativa’, ha infatti proposto: “Questa e’ la legislatura con piu’ voltagabbana, serve un intervento sul vincolo di mandato”. Per il grillino una “soluzione va trovata: questa Terza Repubblica ha portato dentro di se’ il peggio della Prima e della Seconda”.

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