Terremoto in casa Pd. Renzi blinda l’Italicum, il partito si spacca e Speranza si dimette da capogruppo

Terremoto in casa Pd. Renzi blinda l’Italicum, il partito si spacca e Speranza si dimette da capogruppo
16 aprile 2015

di Maurizio Balistreri

Un’infuocata assemblea del gruppo Pd alla Camera approva all’unanimità la linea del premier Matteo Renzi sulla legge elettorale: avanti senza modifiche al testo. Fino all’ultimo istante, l’ennesimo appello della minoranza a modificare l’Italicum. Il segretario del Pd dice no. Al momento del voto, però, la minoranza non partecipa: su 310 componenti del gruppo, i sì sono stati 190. Stefano Fassina e Pippo Civati vanno via. Con loro, tra gli altri, Rosy Bindi. “L’approvazione della legge elettorale è legata al governo, nel bene e nel male” aveva detto il premier prima del voto all’assemblea, spiegando che la sua volontà era “chiudere la discussione sulla legge elettorale in modo definitivo”.  E così è andata. Da qui le dimissioni da capogruppo dem di Roberto Speranza.  “Esprimo le ragioni vere di un profondo dissenso in questo passaggio – dice Speranza -. Le riforme si fanno con un campo largo. E nemmeno tutto il nostro campo ora è con il Pd. Il rischio è di non avere nemmeno il nostro campo. Possiamo permetterci di fare le riforme senza nemmeno un pezzetto del Pd?”.

Lettera-appello di Sel, FI e Lega a Mattarella. Tre lettere delle opposizioni al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per denunciare che la fiducia sull’Italicum equivarrebbe a uno strappo costituzionale, a un vero e proprio golpe. Un’iniziativa, separata ma congiunta, di Sel, FI e Lega alla vigilia dell’assemblea dei deputati Pd con Renzi. A poche ore dalla riunione del gruppo del Pd alla Camera i partiti all’opposizione, tranne M5S, sono tornati ad unirsi come accaduto per le riforme costituzionali, cercando l’appoggio del capo dello Stato. L’obiettivo era quello che Mattarella riesciusse a convincere Renzi a tornare sui suoi passi.

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