Virus Cina, l’impatto su economia si fa sentire

21 gennaio 2020

Una “bomba ad orologeria”. Cosi’ alcuni analisti definiscono una potenziale pandemia del nuovo virus che proviene dalla Cina. Il ricordo va al 2003 quando la diffusione della Sars infieri’ un duro colpo all’economia della Cina, con perdite di Pil all’incirca di oltre 25 miliardi di dollari, e del mondo intero: gli effetti si sentirono infatti dal Canada all’Australia. Ora come allora, il virus, come ha detto Rajiv Biswas di IHS Markit, “si sta trasformando in un grande rischio economico potenziale per la regione dell’Asia-Pacifico”.

Non solo per la Cina gia’ afflitta dalle tensioni commerciali con gli Usa, ma una pandemia rappresenterebbe un duro colpo anche ad esempio per il Giappone, che si prepara ad accogliere un numero significativo di visitatori stranieri per le Olimpiadi estive. Intanto Bruxelles rassicura gli europei. “Stiamo seguendo la situazione” del Virus cinese “in contatto col Centro europeo di controllo e prevenzione delle malattie (Ecdc) – afferma un portavoce della Commissione europea -. Una riunione con gli Stati membri c’e’ gia’ stata il 17 gennaio e ne e’ stata convocata una per domani, dopo una nuova valutazione del Centro”. “L’organizzazione mondiale della sanita’ non ha raccomandato restrizioni sui viaggi, e anche il comitato d’urgenza dell’Oms si riunira’ domani”.

Difficile ora fare una stima precisa dell’impatto sull’economia del nuovo virus: ci sono elementi da considerare come la sua diffusione, la durata e il raggio di infezione. Quel che e’ certo e’ che non passera’ inosservato anche se ora verrebbero esclusi gli effetti che la Cina sperimento’ 17 anni fa con la Sars. Al momento, i listini asiatici e del Vecchio Continente riflettono la paura degli investitori: i titoli del lusso e delle compagnie aeree stanno registrando perdite rilevanti. Ma la posizione resta comunque attendista. Nel 2003, a causa della Sars, il Pil cinese ebbe una battuta d’arresto nell’ordine di 2 punti percentuali, cosi’ pure gli scambi commerciali con i paesi della regione. Yusuke Miura, ricercatore capo del Mizuho Research Institute di Tokyo, traccia cosi’ un ipotetico, sciagurato, scenario: “Una diminuzione dei visitatori stranieri in Cina danneggerebbe inoltre l’industria del turismo. Inoltre, la gente del posto cercherebbe di evitare le folle in luoghi come i centri commerciali, minando cosi’ i consumi”. Interpellato da Cnbc, Rob Carnell capo economista di ING, ha ricordato come ai tempi della Sars, “i turisti smisero di viaggiare, i pendolari di prendere i mezzi pubblici cominciando a lavorare da casa, e i ristoranti erano pressocche’ deserti”.

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Una tragedia, visto che le vendite al dettaglio di beni di consumo rappresentano circa il 40% del PIL cinese. Su questa voce, gli analisti ritengono che per ora gli effetti del nuovo virus si faranno sentire ma la crescita dei consumi restera’ comunque in linea con il 7%. Vero che all’epoca della Sars, la crescita del turismo nazionale cinese nel secondo trimestre del 2003 diminui’ del 45% su base annua, e le entrate derivanti da questa attivita’ calarono del 64%, ma e’ pur vero che “il coronavirus di Wuhan e’ meno grave e che la risposta del governo e’ stata piu’ rapida e piu’ forte, l’impatto sull’economia sara’ certamente inferiore”. Per ora, le stime del Pil restano confermate: nel 2019, e’ cresciuto del 6,1 per cento rispetto all’anno precedente, il suo ritmo peggiore degli ultimi 29 anni. Al netto del virus, secondo le ultime stime del Fondo, calera’ al 5,8% nel 2022. Sembra scontato a questo punto che verranno riviste. Tuttavia, il coronavirus non impedisce a milioni di cinesi di prendere il treno per tornare dalle loro famiglie in occasione del Capodanno cinese. La Commissione nazionale di sanità cinese ha intanto confermato che ci sono stati casi di trasmissione del virus da essere umano a essere umano. In particolare, oltre 130 persone sono state contagiate nella città di Wuhan, capoluogo della provincia cinese di Hubei, e altre nel Guangdong.

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