“Sviluppo della Sicilia? Ci vuole un governo che batta i pugni a Roma”

“Sviluppo della Sicilia? Ci vuole un governo che batta i pugni a Roma”
13 gennaio 2015

di Giuseppe Novelli

milazzoAttacca il governo Crocetta, reo, a suo dire, di non dialogare col sindacato. Ma, allo stesso tempo, come la buona scuola Cisl insegna, non è per lo scontro, ma per “una discussione serena”. Insomma, nonostante sia stato eletto segretario del sindacato della Furlan in Sicilia meno di tre mesi fa, già Mimmo Milazzo manifesta tutto il mestiere da leader sindacale.

Segretario, partiamo proprio dal rapporto Crocetta-sindacato

“C’è una specie di distacco delle istituzioni nei confronti delle materie che riguardano il sociale. Ho sempre sostenuto che un solo uomo al comando non va da nessuna parte. Tuttavia, noi stiamo al merito dei problemi, non abbiamo nemici. Cioè se i problemi ci sono vanno affrontati, discussi e analizzati. I nostri dati sono tremendi, la disoccupazione giovanile in Sicilia supera il 55% contro la media italiana del 46%. Siamo in una situazione veramente drammatica”.

Quindi…

“Bisogna agire attraverso ciò di cui disponiamo e che madre natura ci ha dato: beni culturali, turismo, agricoltura, ma dobbiamo anche pensare a ripotenziare i siti industriali. La crisi di Termini va risolta, per dirne una”.

Continuerà il braccio di ferro col governo Crocetta? Certo, l’aria che tira non è positiva.

“L’aria che tira non è positiva perché il governo non apre al confronto. Ma, inevitabilmente, nei prossimi giorni assieme a Cgil e Uil cercheremo di capire meglio come impostare la nostra attività in vista della manovra finanziaria che l’esecutivo deve emanare. Tra l’altro, non condividiamo la scelta di varare un esercizio provvisorio. Una Regione a statuto autonomo come la Sicilia, deve varare l’esercizio finanziario entro il 31 dicembre per consentire la programmazione agli enti locali. In questo, si deve cambiare”.

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Tra le ultime sue dichiarazione, ‘…a maggio Titanic-Regione rischia di finire a fondo’…

“ Se non si chiude l’accordo con lo Stato, ci saranno grosse difficoltà e quindi è inevitabile che il rischio c’è. La Regione Siciliana è l’unica regione a statuto speciale che non ha chiuso gli accordi con lo Stato per l’attuazione intera del proprio statuto. Quest’accordo andava negoziato l’anno scorso, non adesso durante l’esercizio provvisorio”.

L’assessore all’Economia Baccei è stato etichettato un commissario inviato dal premier. E per la Cisl?

“No, è un assessore tecnico che deve fare il tecnico, noi dobbiamo fare gli interessi della nostra terra. Quindi, se lo Stato deve attuare le norme, deve dare delle risorse alla Sicilia lo deve fare. Noi dobbiamo essere capaci di utilizzare bene le risorse che abbiamo disponibili. Dobbiamo tagliare gli sprechi, alcuni privilegi che ancora interagiscono col sistema regionale, ridurre probabilmente le logistiche destinate a uffici e servizi che sono abnormi rispetto alle esigenze e accorpare le strutture per essere più vicini in termini di funzionalità all’utenza”.

Tra i dipendenti delle ex Province si registra preoccupazione, e non è soltanto economia…

“C’è, perché tra l’altro c’è confusione su quali competenze la Regione si tiene e quali demanda ad altri. Quindi da questo punto di vista la preoccupazione è legittima, perché c’è un governo che non riforma. Il merito sta proprio nel riordine delle autonomie locali in Sicilia, del sistema delle partecipate, degli Ati idrici e rifiuti. Non sono cose di poco conto, parliamo di servizi per la collettività che tra l’altro hanno costi che il cittadino paga”.

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A proposito di enti locali, l’Ars ha varato la proroga per i circa 22 mila precari di Comuni e ex Province. Una storia infinita…     

“Se questi lavoratori sono utili al sistema amministrativo, l’ente li deve tenere e deve individuare il percorso per concludere l’iter burocratico per l’accesso definitivo alla stabilizzazione. La Regione deve avere una capacità propulsiva di riordino complessivo del sistema delle autonomie locali per la stabilizzazione di questi soggetti”.

Bene. Ma c’è chi pensa che in questo ultra ventennale sistema del precariato ci sia anche lo ‘zampino’ del sindacato.

“Noi abbiamo sempre parlato chiaro ai nostri associati, ai nostri iscritti, alle comunità locali, e agli amministratori. Il precariato parte circa vent’anni fa, quindi va visto in quell’ottica, quando in quel momento storico bisognava dare risposte occupazionali alla Sicilia. La Regione Siciliana ha fatto una virata su questo percorso, creando questa ‘struttura’ di appoggio alla pubblica amministrazione. Ci sono enti in cui il personale precario è quello indispensabile per far funzionare i servizi. Quindi, noi dobbiamo lavorare in funzione dei servizi non della spesa storica che ormai si è consolidata. Ribadisco, l’amministrazione regionale deve mettere in cantiere una programmazione reale per la stabilizzazione definitiva”.

La prima azione sindacale del 2015?

“Questa settimana ci incontreremo con gli amici della Cgil e della Uil per fare il punto della situazione, e da lì vediamo il percorso da intraprendere”.

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All’orizzonte c’è qualche sciopero?

“Per noi lo sciopero è l’ultima spiaggia, preferiamo fare delle manifestazioni anche di sabato per protestare, per dire la nostra come abbiamo fatto in questi anni. Però i dati sono allarmanti perché l’esercizio provvisorio determina un percorso di stabilità economica per quattro mesi, quindi la preoccupazione è che circa 50 mila lavoratori sono in difficoltà. Parliamo di gente che vive con quelle retribuzioni, di conseguenza la tensione sociale può anche schizzare al di là delle volontà delle sigle sindacali”.

Tra le prime questioni che metterete sul tavolo di Crocetta?

Intanto, la pianificazione dello sviluppo sul territorio, e capire bene come utilizzare i fondi europei. Poi ci sono le questioni di merito, se ci sono eventuali eccedenze, capire se si possa attivare un percorso di prepensionamento. Non abbiamo preclusioni anche perché oggi la legislazione statale consente agli enti in difficoltà finanziaria di agganciarsi alla riforma Fornero per i dipendenti che hanno determinati requisiti. Per esempio, la Provincia di Palermo con una delibera ha collocato in pensione 150 dipendenti. Ma anche le aree di crisi sono una priorità. Parliamo di Termini Imerese e Gela. Anche lì dobbiamo lavorare finché gli accordi su questi due siti industriali vengano concretizzati. Ma per far ciò, ci vuole un governo autorevole, che batta i pugni a Roma per dire quali sono le necessità e quali i percorsi da intraprendere”.

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