Affonda barcone migranti, chiesta archiviazione per ufficiali Marina Militare

Affonda barcone migranti, chiesta archiviazione per ufficiali Marina Militare
6 aprile 2017

Non ci sono responsabilita’ delle autorita’ italiane ne’, tantomeno, della nostra Marina Militare nell’affondamento di un barcone di migranti siriani avvenuto l’11 ottobre del 2013 in acque maltesi, a poca distanza da Lampedusa, con oltre 200 sopravvissuti, 26 morti e una stima di 260 dispersi. La Procura di Roma ha cosi’ chiesto al gip di archiviare la posizione di Catia Pellegrino, tenente di vascello della Marina militare italiana, simbolo dei salvataggi dei migranti nonche’ comandante della ‘Libra’, la nave piu’ vicina al luogo del naufragio, finita sotto indagine per omicidio colposo ed omissione di soccorso per aver prestato il salvataggio con un presunto ritardo di alcune ore rispetto alla prima richiesta di aiuto. L’imbarcazione di profughi parti’ la sera del 10 ottobre del 2013 dalle coste della Libia e si rovescio’ intorno alle 17 del giorno successivo.

Per i pm Francesco Scavo e Santina Lionetti, a carico della Pellegrino, “su cui ricadeva l’obbligo di soccorso in qualita’ di comandante della nave, non si ravvisano elementi di responsabilita’, poiche’ e’ da ritenere che non abbia omesso alcuna condotta dovuta, in ragione alla sua effettiva conoscenza degli accadimenti e della situazione in atto, intervenendo tempestivamente allorche’ ha avuto piena rappresentazione dello stato di pericolo”. Momento che, a parere della Procura, va fissato alle 17.14 quando ha ricevuto la comunicazione che il natante con a bordo i migranti si era rovesciato. Per lo stesso motivo, va archiviato il resto della catena di comando, riferita cioe’ alla posizione degli ufficiali della Marina militare Luca Licciardi e Nicola Giannotta e di quello del Corpo della Capitaneria di Porto Leopoldo Manna, indagati per gli stessi reati: per quanto li riguarda, gli accertamenti svolti “hanno consentito di riscontrare – scrivono i pm – l’adempimento degli obblighi normativamente posti a loro carico, e cio’ sia nella fase ricognitiva/informativa, che nella fase propria di intervento. La loro azione puo’ ritenersi rispettosa della complessa e dettagliata disciplina di settore, poiche’ ciascun agire si inserisce nel quadro di un’articolata organizzazione nazionale ed internazionale”.

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A far scattare la denuncia era stato Mohanad Jammo, il primario di un ospedale di Aleppo che in quel naufragio perse due bambini in tenera eta’. Stando a quanto raccontato presso il consolato d’Italia a Francoforte sul Meno l’11 aprile del 2014, era stato lui a chiamare intorno alle 11 dell’11 ottobre 2013 con il telefono satellitare, fornitogli dallo scafista, il numero di emergenza italiano, rappresentando che l’imbarcazione stava pericolosamente caricando acqua, e fornendo le precise coordinate geografiche. Seguirono altre due comunicazioni con l’Italia e poi dalle 13 diverse chiamate al numero delle autorita’ maltesi, alle quali era stato indirizzato dalla centrale italiana, trattandosi di un’area sotto la responsabilita’ di Malta. Nel ricostruire le varie chiamate di quel giorno e le successive dichiarazioni degli indagati, la Procura di Roma ha appurato effettivamente che qualche ora prima del ribaltamento del natante, Malta, “oltre ad assumere formalmente il coordinamento, aveva comunicato di avere inviato un suo pattugliatore per intercettare l’imbarcazione dei migranti pur essendo stata informata che in zona c’era la nave italiana”. E solo alle 17.07 Malta, nel comunicare il capovolgimento dell’imbarcazione, “aveva richiesto il concorso di mezzi di soccorso italiani”. Il comandante Pellegrino ha anche chiarito con i pm il momento in cui ha percepito che il natante con a bordo i migranti era in una situazione di pericolo, fissandolo alle 17.14, ossia quando ha avuto comunicazione via j-chat che l’imbarcazione si era ribaltata. “In quel momento, comunque – scrive la Procura nella richiesta di archiviazione – la nave Libra stava gia’ dirigendosi, perche’ cosi’ le era stato ordinato, anche se non c’era un’indicazione specifica di pericolo”. Ecco perche’ “nessun addebito penalmente rilevante” va mosso agli indagati.

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