G7 Canada, Meloni arriva a Kananaskis: Medio Oriente e Ucraina al centro del vertice
La premier italiana guiderà gli sforzi diplomatici per la de-escalation mentre i leader mondiali si dividono su dazi e sostegno a Kiev
La premier Giorgia Meloni è arrivata ieri sera nelle Montagne Rocciose canadesi per partecipare al vertice G7 che si apre oggi a Kananaskis, nella provincia dell’Alberta. Un summit che si preannuncia particolarmente complesso, segnato dalle crescenti divisioni tra i leader mondiali su dossier cruciali come il conflitto in Medio Oriente, la guerra in Ucraina e la questione dei dazi americani.
L’escalation della crisi mediorientale, con gli attacchi reciproci tra Israele e Iran, ha stravolto l’agenda dei lavori del G7, concentrando l’attenzione dei leader su una situazione che rischia di degenerare ulteriormente. Tutti gli occhi sono puntati sul presidente americano Donald Trump, verso cui la stessa Meloni guarda per favorire gli sforzi diplomatici in corso.
Nessuna dichiarazione finale unitaria
Per la prima volta da anni, il vertice G7 non prevede un’unica dichiarazione congiunta finale, segnale eloquente delle profonde divergenze su alcuni temi sensibili. Al posto del tradizionale comunicato unitario, la presidenza canadese pubblicherà un “chair’s summary” – un riassunto delle discussioni – accompagnato da sette brevi dichiarazioni specifiche su altrettanti argomenti tecnici: finanziamento dello sviluppo, intelligenza artificiale, tecnologie quantistiche, lotta agli incendi, minerali critici, repressione transnazionale e contrasto al traffico di migranti.
Quest’ultimo tema è stato proposto proprio dall’Italia, con il sostegno di Stati Uniti e Regno Unito, dando continuità al lavoro avviato durante la presidenza italiana del G7 lo scorso anno. Nel vertice di Borgo Egnazia, infatti, i leader avevano concordato la creazione di una coalizione G7 per prevenire e contrastare il traffico di esseri umani, adottando l’approccio “follow the money” ideato da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per combattere la mafia.
L’Italia come “ponte credibile”
Il ruolo dell’Italia si profila centrale negli equilibri del vertice. Come ha sottolineato il ministro degli Esteri Antonio Tajani nell’audizione parlamentare di ieri, Roma è pronta a fare la sua parte “a tutti i livelli” per abbassare la tensione in Medio Oriente. La posizione italiana, che Meloni ribadirà nel corso dei bilaterali, è chiara: “Ora più che mai è il momento di fermarsi, di negoziare e di lasciare che sia la diplomazia a parlare, non le armi”.
L’Italia punta a consolidare il suo ruolo di “ponte e interlocutore credibile” nella crisi, forte anche della sua tradizione di mediazione – Roma è stata sede dei colloqui sul nucleare – e dell’intenzione di agevolare il lavoro di Washington per un accordo con l’Iran. Meloni ha già avuto una serie di colloqui preparatori con Trump, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e i leader dell’area mediorientale, tra cui Arabia Saudita, Giordania, Oman ed Emirati.
Agenda dei lavori e presenza di Zelensky
I lavori del summit si articoleranno in sette sessioni distribuite su due giorni. Oggi si discuterà di economia globale, crescita economica, sicurezza e resilienza, comunità sicure e temi geopolitici. Meloni introdurrà personalmente la terza sessione dedicata alle “Comunità sicure”.
Martedì sarà la volta della sessione più delicata, dedicata alla “necessità di arrivare a un’Ucraina forte e sovrana”, allargata alla partecipazione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e del segretario generale della Nato Mark Rutte. Zelensky ha già annunciato la volontà di incontrare Trump, in quello che si preannuncia come uno dei momenti più significativi del vertice.
La giornata di martedì si concluderà con le conclusioni della presidenza canadese, la presentazione delle priorità della prossima presidenza francese del G7 (2026) e una sessione sulla sicurezza energetica, dedicata a “diversificazione, tecnologia e investimenti in un mondo che cambia”.
Le divisioni sui grandi temi
Se sul Medio Oriente tutti i leader concordano nel sostegno a Israele e nella condanna dell’Iran, diverse sono le sensibilità sulla questione di Gaza. Ancora più divisive si rivelano le posizioni sulla guerra in Ucraina e sui dazi americani, temi che spiegano l’impossibilità di raggiungere una dichiarazione finale unitaria.
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, alla vigilia del vertice, ha avuto un “colloquio positivo” con Trump, durante il quale hanno discusso “delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente e della necessità di garantire un coordinamento adeguato per gestire gli impatti sui mercati energetici”. Sull’Ucraina è stato ribadito “l’imperativo di un cessate il fuoco” e la “necessità di mantenere la pressione sulla Russia”, mentre sui dazi von der Leyen ha assicurato l’impegno europeo “a raggiungere un buon accordo prima del 9 luglio”.
Il vertice di Kananaskis si preannuncia quindi come un banco di prova cruciale per la tenuta delle relazioni transatlantiche e per la capacità dei leader occidentali di trovare una sintesi su crisi che stanno ridisegnando gli equilibri geopolitici mondiali.