Inizia la scissione nel M5s, cacciati i senatori che hanno votato no a Draghi

Inizia la scissione nel M5s, cacciati i senatori che hanno votato no a Draghi
Barbara Lezzi
18 febbraio 2021

Inizia la scissione nel Movimento Cinquestelle. La votazione sulla fiducia al governo di Mario Draghi di ieri sera al Senato apre ufficialmente lo psicodramma nel Movimento 5 Stelle. Nel Movimento 5 Stelle ormai era stata metabolizzata l’idea che il gruppo avrebbe perso altri pezzi con il voto di fiducia al governo di Mario Draghi. “Se ne andranno o saranno costretti a farlo i 15 portavoce che hanno votato no in Senato all’ex Bce” avevano annunciato dalla base grillina alla vigilia del voto. I nomi gia certi erano Rosa Abate, Luisa Angrisani, Margherita Corrado, Mattia Crucioli, Fabio De Micco, Silvana Giannuzzi, Bianca Laura Granato, Virginia La Mura, Elio Lannutti, Barbara Lezzi, Matteo Mantero, Vilma Moronese, Nicola Morra, Cataldo Mininno e Fabrizio Ortis.

I 15 senatori che hanno votato no alla fiducia saranno espulsi. Ieri al Senato il MoVimento 5 Stelle ha votato sì. Non…

Pubblicato da Vito Crimi su Giovedì 18 febbraio 2021

Oggi la conferma ufficiale dell’epurazione a Cinque Stelle, ad annunciarlo il capo politico del MoVimento Vito Crimi, in un post su Facebook: “I 15 senatori che hanno votato no alla fiducia saranno espulsi. Ieri al Senato il MoVimento 5 Stelle ha votato sì – spiega – Non lo ha fatto a cuor leggero, è evidente. Ma lo ha fatto. Lo ha fatto con coerenza, nel rispetto dell’orientamento emerso in seguito all’ultima consultazione, dove la maggioranza dei nostri iscritti si è espressa a favore. E lo ha fatto con coraggio, assumendosi la responsabilità di una scelta che non guarda all’interesse esclusivo del MoVimento o al facile consenso, bensì agli interessi di tutti i cittadini italiani e della nostra comunità nazionale”. La prima reazione arriva da Barbara Lezzi. “Ho appena letto il post del reggente perpetuo in cui comunica l’espulsione dal gruppo parlamentare dei 15 senatori, tra cui ci sono anche io, che ieri non hanno dato la fiducia al governo Draghi. Ho preso la decisione. Mi candido a far parte del comitato direttivo del M5S (da cui non sono espulsa). Credo che il 41% degli iscritti contrari ad allearsi con tutti, compresi Berlusconi, Salvini e Renzi, debbano essere rappresentati. Sono convinta, inoltre, che se il quesito fosse stato riproposto, come lo statuto prevede, quel 41% sarebbe stato più alto. Auspico, quindi, la massima serietà nel percorso che porta alle candidature e l’urgenza necessaria a sbloccare l’azione del M5S. Coraggio”. Lo scrive Barbara Lezzi, senatrice M5s, su facebook.

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Off records, fonti stellate autorevoli fanno sapere che anche i sei assenti dalla votazione di ieri al Senato saranno oggetto di azione disciplinare e dovranno giustificare la diserzione. Nei fatti, il rischio è un taglio secco di un quarto del gruppo a palazzo Madama. Una grana in più per quello che è ancora il partito di maggioranza relativa in Parlamento, che ha già perso la golden share di maggioranza dopo che la fiducia è passata con 262 sì (anche senza i 92 senatori M5S il margine resterebbe ampio). E questo proprio nel momento in cui sono ancora da trattare i sottosegretari del governo Draghi e a breve anche una cascata di nomine pubbliche di sottogoverno. Potrebbe finire a colpi di carte bollate, il M5s e il suo fondatore Beppe Grillo in passato hanno subito qualche smacco in sede giurisdizionale, ma la sorte dei quindici ribelli (e di quanti volessero seguirli nel no a Draghi oggi alla Camera) dipenderà più dalle decisioni politiche. “Ci sono riunioni continue e contatti fra noi”, ammette uno di loro che preferisce rimanere anonimo. “Ci sono due tendenze – spiega – quella di chi preferisce prendere atto della inconciliabilità di due posizioni e quella di chi vorrebbe rimanere a combattere nel Movimento”.

Un esempio della linea di resistenza interna, oltre a Lezzi, è rappresentato da Nicola Morra: tra i big della prima ora, un tempo molto vicino anche personalmente a Grillo, oggi occupa una posizione di prestigio in Parlamento, essendo presidente della commissione antimafia. Non ha creduto forse fino in fondo al fatto di poter essere espulso e si dice “molto scosso” per l’avvio dela procedura di espulsione: “Ora voglio riflettere. Mi sento M5S nel sangue”, commenta. Ed Elio Lannutti annuncia laconico su Facebook: “Espulsi? Faremo ricorso”. Sul lato opposto dello spettro si colloca Bianca Laura Granato, altra senatrice del no: “Non siamo gli utili idioti di nessuno”, scrive in un a lettera aperta a Crimi nella quale parla di gestione “personalistica e autoritaria” e poi aggiunge: “Accetto l`espulsione”. Sulla stessa linea Mattia Crucioli, che al telefono spiega come sarebbe conveniente una separazione consensuale, un po’ sul modello di quella che ha portato Lega e FI al governo e FdI all’opposizione: “Loro da dentro, a cercare di moderare la deriva liberista e di destra che avrà questo governo e noi che siamo fuori a fare opposizione vera. Con le mani libere per poter censurare con tutta la forza necessaria qualunque provvedimento sarà fatto in danno dei lavoratori, degli artigiani e del ceto medio, vittime designate di un governo nelle mani della grande borghesia, del capitale finanziario e delle grosse imprese interconnesse con il sistema europeo”.

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L’area manca di un leader di riferimento visibile: il più noto, Alessandro Di Battista, peraltro non riconosciuto da tutti i no Draghi come tale, si è fatto da parte e si limita a martellare i suoi ex colleghi “governisti” a colpi di articoli e post su Facebook. Oggi collega la morte del boss camorrista Raffaele Cutolo al voto di fiducia dato da Luigi Cesaro di Forza Italia, a suo tempo processato come autista di Cutolo ma uscito indenne dalle aule di tribunale. E manca di un simbolo elettorale, che in base al rinnovato regolamento del Senato è necessario (insieme ad almeno dieci senatori) per costituire un gruppo. “Tecnicalità delle quale è prematuro occuparsi, ma sono problemi risolvibili”. A dare una spinta in direzione della costituzione di un gruppo, del resto, è proprio la decisione dei vertici 5 stelle di procedere con le sanzioni disciplinari massime: alla fine, anche i ribelli “moderati” potrebbero quindi essere costretti ad aggregarsi. Con i numeri in ballo (15 no e 6 assenti in odore di espulsione, ai quali potrebbero aggiungersi le ex Paola Nugnes ed Elena Fattori, divorziate di fatto dalla componente Liberi e Uguali del Misto, avendo anche loro votato no a Draghi) un nuovo gruppo può ambire a spazi, visibilità, fondi parlamentari e poltrone di garanzia come la Vigilanza Rai e il Copasir, che spettano di norma alle opposizioni.

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