La geniale idea di Vendola. Un partito con i delusi Pd

31 luglio 2014

Gennaro Migliore lavora al matrimonio – qualcuno maligna d’interesse – con il Pd all’ombra del Vesuvio. Pippo Civati flirta con Sel. In quella che una volta si chiamava Italia Bene Comune e che oggi è – basta leggere le dichiarazioni di Nichi Vendola e del sottosegretario renziano Luca Lotti – ormai una ex coalizione di centrosinistra è partito il gioco delle coppie. Continua infatti il dialogo fra Sel e alcuni esponenti Dem contrari alla linea di Matteo Renzi. Dopo l’incontro fra Vendola, lo stesso Civati e Gianni Cuperlo a Livorno nelle scorse settimane, l’altra sera alla Festa Nazionale di Sel a Sesto San Giovanni a riprendere il discorso sono stati ancora Civati e Massimiliano Smeriglio, dirigente vendoliano e vicepresidente della Regione Lazio guidata da Nicola Zingaretti. Tema dell’incontro le politiche sul lavoro.

Ma cosa c’è dietro il dialogo tra Sel e la minoranza Pd? “L’obiettivo è costruire insieme a Civati e a tanti altri compagni del Pd delusi da Renzi un nuovo partito di sinistra”, spiega un altro dirigente fedelissimo di Vendola. Con quali obiettivi? Raggiungere il 6% e costringere il premier e segretario del Pd a scendere a patti, a rinunciare alla vocazione maggioritaria per ripristinare una coalizione che preveda un asse portante tra Pd e Sel 2.0 con l’aggiunta delle forze moderate di centrosinistra. Ossia quello che sarebbe potuto essere e non è stato nel 2013, se Bersani e Monti si fossero messi d’accordo e Scelta Civica si fosse alleato col Pd.
È chiaro però che per farlo Renzi dovrebbe correggere linea. Troppe cose non convincono Sel: le riforme costituzionali, le politiche sul lavoro (“che sono assenti, i dati sull’economia sono allarmanti e il governo perde tempo si Senato e Italicum”, si spiega da ambienti vendoliani), altre riforme cruciali “annunciate per slogan e mai affrontate”. Insomma, a non convincere Sel è il governo. E del resto sull’esecutivo e sul rapporto con Renzi si è consumata la scissione del partito, con un’emorragia di deputati che hanno lasciato Sel.

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Qualcuno è confluito nel Pd, altri che con Migliore hanno costituito, all’interno del gruppo Misto, Led (Libertà e Diritti – Socialisti Europei). Una frattura maturata con la votazione sulla manovra per gli 80 euro e motivata con la differenza di vedute sulla collocazione europea (Vendola con Tsipras, Migliore & Co. verso il Pse) e sul rapporto col governo. La guerriglia a Palazzo Madama sulle riforme costituzionali ha esacerbato ancora di più gli animi: la rottura tra Sel e Pd è vicina. Ma in ballo ci sono gli equilibri locali. I Dem governano infatti insieme a Vendola tante Regioni e Comuni e alle porte c’è un’importante tornata elettorale che porterà al voto Emilia Romagna, Calabria, Campania, Veneto e Puglia. Già, la Puglia: Vendola è governatore uscente, ma il Pd vuol fare le primarie e a vincerle sarà l’ex sindaco di Bari Dem Michele Emiliano. Cosa farà Nichi?
Di certo Renzi sa cosa vuol fare. Si lavora su un doppio binario.

Il gruppo unico dei Popolari (Ncd, Udc, un pezzo di Sc e i Popolari di Mauro) viene visto come un modo per dare un’unica voce ai moderati non di centrosinistra che fanno parte della maggioranza. Dall’altro lato, in chiave-alleanze, Renzi non rinuncia alla vocazione maggioritaria del Pd, cercando di compensare la possibile perdita di Sel – i rapporti dopo l’esperienza di governo potrebbero essere compromessi irrimediabilmente – aprendo il perimetro democratico alle forze che sostengono la maggioranza ma che non guardano al centrodestra. Tra loro Migliore, gli esuli di Sc (Andrea Romano, Stefania Giannini), gli Api di Franco Bruno, una parte di Centro Democratico (Pino Pisicchio) e i popolari di Lorenzo Dellai. Un campo democratico ancora da definire. Del resto Migliore ha sempre detto che Led non è un partito, non è il fine, ma il mezzo.

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