La minoranza non molla ma Renzi batte il pugno: volete sconfitta, non mi fermo

La minoranza non molla ma Renzi batte il pugno: volete sconfitta, non mi fermo
10 agosto 2016

renzi-premierNemmeno le vacanze estive sopiscono le polemiche nel Pd, su Festa dell’Unità e referendum va in scena un nuovo scontro duro tra minoranza e Matteo Renzi (foto) e il leader avverte la sinistra del partito: “Questa è casa vostra, pronto a camminare con voi, ma se vi fermate lo fate da soli. Noi teniamo botta”. Il nuovo affondo arriva dalla minoranza, casus belli il manifesto di presentazione della Festa dell’Unità nazionale con lo slogan “L’Italia che dice sì”. Per la sinistra del partito “una forzatura”, una mossa “sguaiata”, un atto di “miopia politica”, come dicono i bersaniani Miguel Gotor, Federico Fornaro e Nico Stumpo. Poco dopo, prende la parola Renzi alla Festa dell’Unità. Il leader Pd usa toni nuovi, ammette di avere “sbagliato messaggio qualche volta”, personalizzando troppo il referendum. Invece, corregge, “questo referendum non è il mio referendum”. Innanzitutto, precisa, “questa riforma ha un nome e cognome, quello del senatore a vita Giorgio Napolitano (foto home). E’ evidente che questa riforma nasce dal suo impegno”.

Ma poi, continua, “io voglio dimostrare che questa riforma è la riforma degli italiani: per questo abbiamo raccolto le firme”. Dunque, bisogna andare “casa per casa a dire che questa non è la riforma di uno, è la riforma dell’Italia. Non cerchiamo solo quelli del Pd, andiamo da chi non ha votato Pd: a quelli che hanno votato per la Lega diciamo ‘ma tu vuoi mantenere i rimborsi ai gruppi regionali per continuare a comprare le mutande verdi? Andare a prendere quelli del 5 stelle e dire ‘ti sta sulle scatole Renzi? Bene, fai bene. Ma se passa questo referendum elimina costi per più di 500 milioni l’anno. Quest’anno abbiamo messo 700 milioni sulla povertà”. Ma con la minoranza il leader è duro, anche se premette: “A tutti quelli che vogliono cambiare la linea del Pd o del tutto legittimamente il segretario, io dico che questa è casa vostra, non solo vostra, ma anche vostra. E’ una gioia confrontarci”.

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Poi, però, la raffica: “Chi vuole cambiare linea e segretario, c’ha il congresso che si svolge una volta ogni quattro anni, non una volta al giorno in tutti i giornali e in tutti i talk show. Se qualcuno pensa di essere contagiato da una particolare sindrome – la sindrome Bertinotti, per la quale uno chiede sempre di più per poi non avere nulla – noi dalla sindrome Bertinotti siamo immuni”. In sostanza, il segretario chiede di smetterla con la “rissa continua”, cita Romano Prodi, gli fa gli auguri per il compleanno e aggiunge: “Lui sa cos’è la sindrome Bertinotti”. Renzi solletica l’orgoglio di sinistra, va sul terreno su cui lo incalzano quelli della minoranza, ricordato che prima di lui il Pd in Europa stava in un “minestrone non so bene come: ora si chiama Pse la nostra casa in Europa”. Rivendica di aver ripristinato il nome di Festa dell’Unità, quando si era scelto ‘Festa democratica’. Ma poi avverte: “C’è gente tra di noi che pur di far perdere i propri è disponibile a mandare a casa un intero sistema. Noi abbiamo a cuore l’Italia e non le correnti interne. Vengano al congresso e chi vince governerà il partito e chi perde sarà leale. Ma basta con la rissa continua”.

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