Infermieri in piazza: “Basta promesse, ora i fatti”

Infermieri in piazza: “Basta promesse, ora i fatti”
13 giugno 2020

Dopo l`emergenza coronavirus lunedì prossimo migliaia di inferimieri (“oltre 36mila”, secondo gli organizzatori) aderenti al Movimento Nazionale Infermieri, “gruppo apartitico e a-sindacalista”, scendono in piazza in oltre 30 città italiane per chiedere “il riconoscimento dei diritti degli infermieri e delle infermiere, una profonda riforma della struttura della Scienza Infermieristica e il riallineamento del sistema sanitario nazionale ai bisogni del cittadino”.

“E` mancato il riconoscimento economico agli operatori sanitari ma ancor di più è mancato e manca un pensiero riformatore per l`ammodernamento culturale di un sistema immobile da decenni”, dice il Movimento: “In occasione dell`apertura degli Stati Generali dove si progetterà la ripresa dell`economia italiana, molti attori istituzionali, sindacati ed associazioni verranno ascoltati e verrà stilato il programma per la ripartenza. A gran voce chiediamo che vengano incluse le professioni infermieristiche nello strumento ‘Cura Italia’. Si attende che oltre alle parole ci siano i fatti, si aspetta che vengano mantenute le promesse e venga seguita la linea di coerenza e coraggio che finora ha contraddistinto questo Governo come nelle drastiche scelte durante la pandemia”.

Il Movimento “auspica che la sanità italiana, i cittadini italiani e gli infermieri non vengano nuovamente traditi e dimenticati. Il programma del Movimento Nazionale Infermieri propone una profonda e necessaria riforma sia contrattuale che della Scienza Infermieristica”. Due le richieste alla base della mobilitazione: “L’uscita dal comparto e stipula del primo contratto esclusivo per l’Infermiere. Il quale comprenderà altri fondamentali punti chiave come il superamento del vincolo di esclusività, l’adeguamento dei salari e delle indennità, il riconoscimento delle competenze specialistiche, la valorizzazione dei percorsi di studi post laurea intrapresi con conseguente lotta al demansionamento, come avviene già in molti paesi dell’Europa; l’adeguamento delle dotazioni organiche attraverso lo scorrimento delle graduatorie in essere, l’abbattimento del precariato, l’agevolazione delle mobilità”.

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