L’affondo di Bersani alla linea renziana: “La gente non mangia pane e referendum”

L’affondo di Bersani alla linea renziana: “La gente non mangia pane e referendum”
29 luglio 2016

“La gente non mangia pane e referendum, ci sono altri problemi, non possiamo passare tutti giorni a parlare del referendum. Quando vedo lo slogan ‘basta un si” penso, basta un si’ per risolvere che cosa delle cose che premono ai cittadini?”. Nuovo affondo di Pier Luigi Bersani alla linea renziana sulle riforme. “Io – e’ intervenuto l’ex segretario Pd nel corso della quarta serata dell’ottava edizione di Ponza D’Autore, la rassegna culturale curata da Gianluigi Nuzzi e Paolo Mieli – contesto questo modo di dare l’appuntamento epocale, non aiuta. Bisogna volare un po’ piu’ bassi e dire le cose come sono, parlando con persone che pensi che siano intelligenti. Dirai che, pur con pro e contro, questa riforma e’ un passo avanti. Io non penso mai – incalza – che la gente sia piu’ cogliona di me. Per i membri dei governo Renzi sembra che l’esperienza sia una cosa demode’ e che il giovanilismo sia l’unica leva per cambiare”.

Detto questo, “se vincesse il no non accadrebbe nulla, sarebbe giusto che Renzi restasse al suo posto”, assicura Bersani. “Per come e’ stata messa giu’ la questione pero’, certamente il giorno dopo si creerebbe problema politico. Adesso vedo che Jim Messina gli ha detto di non personalizzare il referendum, ma io gliel’ho suggerito gratis ben prima, forse se mi fossi chiamato Jim Bettola – dice ancora con una battuta sul guru del leader Pd e sul paese d’origine di Bersani – la cosa sarebbe passata. Legare un governo a una Costituzione e’ un errore, la Costituzione non c’entra col governo. Che precedente creiamo? Che ogni governo che arriva si fa la sua costituzione?”.

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CASO VERDINI  “Verdini e Renzi si conoscevano gia’ da prima. Ci troppe cose in pochi chilometri, li’ in Toscana”. Pier Luigi Bersani non risparmia critiche al rapporto tra Pd e Ala e indirizza il fuoco sull’ex cordinatore FI: “Io non sono mai stato a cena con Verdini, non ce l’ho con lui ma con il verdinismo. L’idea per cui uno fa il ‘portage’ negli equilibri parlamentari di transfughi che vanno e vengono, corrisponde all’antica storia del trasformismo italico, che a sua volta corrisponde a un messaggio verso il paese ‘Franza o Spagna, purche’ se magna’”. “Inoltre – e’ la stoccata dell’esponente della minoranza Pd, nel corso della quarta serata dell’ottava edizione di Ponza D’Autore – e’ vero che uno e’ innocente fino a prova contraria, pero’ in modica quantita’. Se hai sei procedimenti – annota – qualcosa non va…”.

“La domanda da fare a Verdini – dice ancora riferendosi agli ex ‘azzurri’ ora Ala – e’ ‘ora quei venti li riporti a Berlusconi?’ Sarebbe da proporgli di mettere un semaforo alla Camera: lo manovra lui, fa il vigile e ci dice che passa e chi no”. “Potevo farlo io un governo del 2013 con la destra – confida l’ex segretario Pd – me lo hanno chiesto, ma avevo detto che non lo avrei fatto e non l’ho fatto. Un minimo grado di coerenza bisogna trasmetterlo”. “Io – riprende – mi ritengo di sinistra e per definizione uno di sinistra non puo’ farsi raffigurare come establishment, perche’ se e’ di sinistra vuol dire che il mondo cosi’ com’e’ non gli piace”. Un modo per osservare che anche con i 5 Stelle “bisogna essere piu’ sfidanti: Di Maio e’ un bel democristianone, io da sinistra vorrei dirgli che sui cittadini ci arrivo prima io, e aggiugo anche un concetto di uguaglianza, un contenuto sociale”.

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