Sentenza della Corte europea. Penalisti su Contrada: violati i diritti dell’imputato

Sentenza della Corte europea. Penalisti su Contrada: violati i diritti dell’imputato
15 aprile 2015

Nel caso giudiziario di Bruno Contrada c’è stata “la violazione del diritto fondamentale dell’imputato di conoscere le conseguenze penali della propria condotta prima di porla in essere”. Lo sottolinea l’Unione delle Camere Penali, commentando la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha ritenuto che la condanna a suo tempo inflitta all’alto funzionario di polizia per concorso esterno in associazione mafiosa, sia stata emessa in violazione del principio ‘nulla poena sine lege’ dettato dall’art. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. I penalisti sottolineano che il concorso esterno è “una figura di creazione giurisprudenziale elaborata a partire dai primi anni ’90, non essendoci una fattispecie di reato di tale natura delineata dal codice penale”. E fanno presente che le condotte contestate a Contrada “risalivano agli anni ’80, quindi ben prima che la giurisprudenza creasse la figura del ‘concorrente esterno in associazione mafiosa’”.

La decisione della Corte Europea “ripropone con forza la questione della non retroattività e della prevedibilità della legge penale, principi costituzionali – sottolinea l’Ucpi- posti a garanzia del cittadino che non possono essere travolti dalla giurisprudenza creativa spesso disegnata, e non disdegnata, della magistratura che nel caso specifico ha elaborato una nuova figura di reato (il concorso esterno in associazione mafiosa) estendendone inopinatamente gli effetti anche alle condotte anteriori al tempo in cui tale interpretazione fosse concepita”. Per i penalisti è “una questione che deve sollecitare, più in generale, una riflessione sul diritto penale ‘giurisprudenziale’, cioè su quell’estensione del perimetro della responsabilità penale disegnato dal legislatore attraverso una ‘giurisprudenza creativa’ non sempre in concreto rispettosa del principio di stretta legalità e di tassatività della fattispecie, che finisce per scavalcare il dettato normativo, punendo condotte che il legislatore non ha inteso punire”.

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