Silvia Romano, procura: archiviare indagine su campagna d’odio

Silvia Romano, procura: archiviare indagine su campagna d’odio
Silvia Romano
15 gennaio 2021

Non erano minacce, ma al massimo insulti e ingiurie che per la legge italiana non costituiscono più reato. E’ per questo che la Procura di Milano ha chiesto l’archiviazione del fascicolo di indagine sulla “campagna d’odio” che ha travolto sul web Silvia Romano, la cooperante milanese rapita in Kenia nel novembre 2018 e liberata il 9 maggio scorso dopo 18 mesi di prigionia. Il fascicolo per minacce aggravate contro ignoti venne aperto dopo la liberazione della 24enne che, una volta rientrata in Italia, era diventata bersaglio degli haters del web soprattutto per la sua decisione di convertirsi alla religione islamica e per il presunto riscatto pagato dal governo italiano per ottenere il suo rilascio.

L’indagine, diretta dal pm Alberto Nobili, capo della sezione anti terrorismo della procura di Milano, ha portato gli investigatori dei carabinieri del Ros a passare al setaccio decine di messaggi di odio postati contro la cooperante sui principali social network nei giorni della sua liberazione. Ma i successivi approfondimenti di natura giuridica hanno portato i magistrati a qualificare il contenuto di quei messaggi come ingiuria, fattispecie non più prevista come reato dal codice penale italiano. Soltanto alcuni post presentavano profili di minacce, reato che tuttavia non è procedibile d’ufficio ma esclusivamente sulla base di una querela che però Silvia Romano non ha mai presentato. Da qui la decisione della procura di chiedere l’archiviazione del fascicolo di indagine (l’istanza risale a qualche tempo fa ma la notizia è filtrata soltanto oggi). Sarà un gip del Tribunale di Milano a pronunciarsi sulla richiesta di archiviazione. Una decisione è attesa in tempi tutt’altro che brevi.

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