Voto a giugno, maggioranza Pd stringe su accordo interno. Venti di scissione, Bersani non esclude più nulla

Voto a giugno, maggioranza Pd stringe su accordo interno. Venti di scissione, Bersani non esclude più nulla
1 febbraio 2017

Giro di incontri e di telefonate tra i ‘big’ dem per delineare il percorso della legge elettorale e andare al voto a giugno. Renzi, riferiscono fonti parlamentari dem, ha sentito tra ieri e questa mattina, tra gli altri, Orlando e Franceschini: la strada tracciata, con l’ok di ieri della conferenza dei capigruppo alla Camera, e’ quella di contingentare i tempi per modificare il sistema di voto e arrivare alle urne. Si studia come estendere l’Italicum al Senato, i tecnici sono al lavoro sul nodo del premio di maggioranza ma le anime del Pd – al di fuori della minoranza – stanno convergendo, viene riferito, sulla posizione del segretario dem. Al Senato si dovrebbe anche riaprire la partita sulla presidenza della Commissione affari Costituzionali che potrebbe andare ad un renziano. Intanto cambia pelle anche il comitato ‘Basta un si’ che ha supportato la campagna del referendum. Ora e’ ‘In cammino’, un segnale che – osservano fonti parlamentari dem – il percorso di Renzi verso il voto anticipato e’ gia’ iniziato.

ARIA DI  SCISSIONE Intanto, i venti di scissione che agitano il Pd sono sempre più forti. Dopo la “guerra” aperta dichiarata da Massimo D’Alema, ad alimentarli arrivano le dichiarazioni di Pierluigi Bersani che non ha escluso la possibilità di un abbandono. E il nuovo passo avanti di Michele Emiliano che – incurante per gli strali della maggioranza sui di lui domenica scorsa- ha aperto formalmente la raccolta on liner di firme per chiedere il congresso del Pd subito, prima di nuove elezioni indicandola come ultima spiaggia “per ritrovare unità”. “Io non faccio nessuna minaccia, e non prendo neanche nessun impegno particolare”, ha detto Bersani a Radio 24, rispetto all’eventualità di un suo addio al Pd. “Dirò nei prossimi giorni – ha aggiunto l’ex segretario – quel che penso sia sensato per chiunque voglia bene al Pd e all’Italia. Dopo di che mi aspetto una risposta”. Bersani è anche tornato a chiedere di celebrare il congresso prima delle elezioni, che dunque non dovrebbero tenersi in tempi brevi: “Penso – ha spiegato – che in tutti i partiti del mondo prima di andare alle elezioni che ci saranno, nel 2018, quando saranno, si fa il punto sul programma e la leadership.
Ovunque. Quindi qui c’è una questione democratica, non solo per l’Italia anche per il Pd sennò la cosa diventerebbe veramente seria perchè saremmo l’inedito”.

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LA STILETTATA Renzi, per parte sua, non cambia road map. Le elezioni entro l’estate, con il congresso da celebrare nei tempi stabiliti, quindi a fine 2017, restano l’obiettivo del segretario Pd, tornato l’intera giornata al lavoro al Nazareno. Il leader non replica direttamente agli oppositori, limitandosi a una “stillettata” verso gli “addetti ai lavori”: in un post sul suo blog dedicato a Pompei (e pubblicato prima delle dichiarazioni di Bersani) l’ex premier nota come “si emozionino più per le leggi elettorali o le ricandidature”. La linea affidata ai suoi fedelissimi è quella di non alzare i toni, nella convinzione che alla fine la scissione non ci sarà. “Non credo, Bersani è una persona seria, spero che non lo faccia”, commenta in Transatlantico un renziano doc come David Ermini. “In una fase molto difficile – aggiunge Marco Donati, deputato aretino – serve unità del partito. Più che minacce serve responsabilità”.

RACCOLTA FIRME A destare forse qualche preoccupazione in più è l’iniziativa del governatore della Puglia. Emiliano ha lanciato la raccolta di firme (ne servono 20 mila) per chiedere che il congresso si svolga prima delle elezioni politiche, attraverso un referendum aperto agli elettori. “Il Partito democratico – attacca Emiliano – è nato non per difendere gli interessi di pochi potenti contro gli interessi della collettività ma, al contrario, per dare voce e rappresentanza a chi da solo non conta niente e i cui interessi, sommati, costituiscono il bene comune. Quella parte di Italia si è trovata senza difese di fronte a un partito che è apparso più impegnato a risolvere i problemi di petrolieri, finanzieri, banchieri, che quelli degli italiani e delle italiane”. L’iniziativa di Emiliano è stigmatizzata dagli altri 19 segretari regionali del Pd che in una nota accusano: “Invitare alla divisione – scrivono in una nota – significa compiere ancora una volta il più clamoroso degli errori”.

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