Dolore cronico per 8 milioni di anziani. Ignorato nel 60% dei casi

Dolore cronico per 8 milioni di anziani. Ignorato nel 60% dei casi
9 maggio 2021

Dare voce alla sofferenza è un potente antidolorifico. Trovare modi, tempi e parole per condividere il dolore è una vera terapia, che può ridurne la percezione: lo dimostrano gli studi discussi in occasione del congresso “Dolore e sofferenza nell’anziano”, organizzato dalla Società Italiana di Gerontologia e Geriatria – gruppo di studio “La cura nella fase terminale della vita” in collaborazione con la Conferenza Episcopale Italiana, secondo cui il dolore è troppo spesso sottostimato e sottotrattato negli over 65, nella falsa convinzione che gli anziani lo tollerino meglio o che quasi non lo provino, soprattutto quando per colpa di patologie gravi come la demenza riuscire a trovare le parole o i gesti per esprimere la sofferenza è ancora più difficile.

Stando ai dati degli esperti, otto milioni di anziani sono affetti da una forma di dolore cronico severo, con cui si è costretti a convivere quasi sempre da oltre un anno e che in un caso su due limita moltissimo la vita quotidiana; eppure il 60%, circa cinque milioni di over 65, non riceve alcuna cura per lenire le sofferenze anche se a volte basterebbero le parole e la condivisione per stare meglio, come mostra un recente studio pubblicato su PLOS One* secondo cui più si comunica il proprio dolore, meno si attivano le aree cerebrali dell’insula e della corteccia cingolata anteriore connesse alla percezione del dolore stesso.

“La parola è cura: dare ascolto alle sofferenze può ridurre la percezione del dolore e questo è molto importante nell’anziano, che spesso prova dolore nel più totale silenzio – osserva Flavia Caretta, Responsabile del Centro di Ricerca Promozione e Sviluppo dell’Assistenza Geriatrica all’Università Cattolica di Roma – Il medico deve ritrovare la dimensione della relazione e dell’ascolto attento e disponibile: se il racconto del paziente viene interrotto per la fretta del curante il malato dà molte meno informazioni sull’origine, la qualità, l’intensità e la tipologia del dolore, portando a una sottostima della sofferenza che purtroppo è molto frequente”.

In sostanza, per Caretta “si tende a pensare che gli anziani, solo perché spesso non trovano le parole per dirlo, percepiscano il dolore meno rispetto agli altri e abbiano una soglia della sofferenza più elevata: non è affatto così, non di rado l’assenza della rilevazione del dolore nell’anziano deriva piuttosto da una mancanza di formazione del personale di assistenza e dalla difficoltà nel misurarlo e valutarlo in pazienti che hanno patologie complesse come la demenza. Quest’ultima è e sarà sempre più un’emergenza con l’invecchiamento della popolazione: il dolore però non sparisce solo perché non c’è più la memoria della sofferenza o perché alcune componenti affettive si riducono, nel paziente con demenza il dolore è avvertito in maniera diversa ma è presente e deve avere diritto di ascolto e di cura” conclude Responsabile del Centro di Ricerca Promozione e Sviluppo dell’Assistenza Geriatrica all’Università Cattolica di Roma.

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