Gaza, cronaca di una tragedia senza fine: il caos degli aiuti e la rivolta della fame
Un nuovo dramma si è consumato in una delle zone più martoriate del pianeta. Migliaia di palestinesi, stremati da mesi di assedio e privazioni, hanno preso d’assalto un centro di distribuzione degli aiuti sostenuto dagli Stati Uniti e da Israele. Scene di caos, urla, spari: il racconto di una giornata che ha scosso la comunità internazionale.
La folla, spinta da una fame atavica, ha sfondato le barriere del centro di distribuzione appena aperto a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. “Sono venuto per fame. Ho dieci persone da nutrire, ognuno ruba per sé e per i suoi. Ho fame da 24 giorni e allora sono venuto qui”. Le testimonianze dei presenti restituiscono l’immagine di una situazione che, dopo un iniziale ordine, è degenerata rapidamente: “Abbiamo fatto la fila, ci hanno permesso di entrare e prendere tutto quello che volevamo. Poi hanno lasciato che la folla si precipitasse dentro. Dopo che siamo usciti, ho sentito degli spari”.
Gli spari e le polemiche
Le forze israeliane di sorveglianza hanno risposto con colpi d’arma da fuoco per disperdere la folla. Secondo le fonti delle Nazioni Unite, “sono state ferite 47 persone e la maggior parte da colpi d’arma da fuoco”, come conferma Ajith Sunghay, capo dell’Ufficio Onu per i diritti umani nei Territori palestinesi. Un bilancio che ha riacceso le polemiche sul nuovo sistema di distribuzione degli aiuti, voluto da Israele e dalla Casa Bianca per aggirare le strutture dell’Onu.
La Fondazione Umanitaria per Gaza (GHF), organizzazione privata americana sostenuta da Israele e dagli Stati Uniti, è stata creata ad hoc per distribuire aiuti a Rafah e in altri punti della Striscia. La scelta di bypassare le Nazioni Unite arriva dopo la parziale revoca del blocco agli aiuti decisa dal governo Netanyahu, sotto la spinta delle pressioni internazionali. Ma la scelta non convince le organizzazioni umanitarie, che denunciano l’insufficienza e la strumentalità del nuovo sistema.
Anche Hamas si oppone alla distribuzione degli aiuti tramite la GHF, invitando i palestinesi a boicottarla e minacciando chi accetta cibo da queste strutture. Intanto, il movimento islamico ha iniziato a distribuire cibo gratis nella zona umanitaria di Al-Mawasi, in una sorta di guerra per il controllo dell’assistenza.
Netanyahu: “Una momentanea perdita di controllo”
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, intervenuto a una conferenza sull’antisemitismo a Gerusalemme, ha ammesso una “momentanea perdita di controllo” nelle operazioni, ma ha ribadito che l’obiettivo è impedire che Hamas si impossessi degli aiuti. “Vogliamo darli ai civili e non ai terroristi”, ha dichiarato. E poi, una frase che ha fatto discutere: “La gente di Gaza vuole andarsene ma non può. È la più grande prigione a cielo aperto del mondo. Per quanto ci riguarda, lasciamo andar via chiunque, se vuoi andartene vai, ma non possono”.
La voce dei gazawi: “Nessuno si preoccupa di noi”
Tra la fame, le pressioni di Hamas e la paura di una nuova ondata di sfollamenti, la voce dei palestinesi di Gaza è un grido di dolore: “Io li ringrazio perché nel mondo arabo nessuno si preoccupa di noi”. Una frase che racchiude tutta la disperazione di un popolo abbandonato a se stesso, mentre la comunità internazionale osserva, impotente, il ripetersi di una tragedia umanitaria senza fine.