La Cassazione ribalta il verdetto: “Il ritardo nel dissenso non esclude la violenza sessuale”

Un nuovo processo d’appello bis per un ex sindacalista accusato di abusi su una hostess. La Suprema Corte chiarisce i principi giurisprudenziali sul consenso e il contesto degli atti sessuali

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Il ritardo nella manifestazione del dissenso da parte della vittima non può essere considerato un elemento sufficiente a escludere la configurazione del reato di violenza sessuale. È questo il principio fondamentale ribadito dalla Corte di Cassazione, che ha annullato con rinvio le due sentenze di assoluzione emesse nei confronti di un ex sindacalista di 48 anni accusato di abusi sessuali nei confronti di una hostess all’aeroporto di Malpensa.

Il caso, che aveva sollevato ampio dibattito per le argomentazioni utilizzate dai giudici di primo e secondo grado, torna ora in appello dopo che la Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato dal sostituto procuratore generale di Milano Angelo Renna e dalla parte civile, rappresentata dall’avvocata Teresa Manenti.

Le motivazioni delle prime assoluzioni

Secondo le sentenze emesse dal Tribunale di Busto Arsizio (Varese) nel gennaio 2022 e confermate dalla Corte d’Appello di Milano nel giugno 2024, l’ex sindacalista era stato assolto perché i comportamenti contestati – definiti “non repentini o insidiosi” – si erano protratti per una finestra temporale di 20-30 secondi, durante i quali la vittima avrebbe potuto opporsi o dileguarsi.

I giudici avevano sostenuto che quegli atti non avevano vanificato ogni possibile reazione della donna, mancando così gli estremi della violenza o dell’abuso di autorità necessari per configurare il reato.

La svolta della Cassazione

La terza sezione penale della Cassazione, presieduta da Giulio Sarno, ha tuttavia respinto queste argomentazioni, definendole “meramente congetture” e in contrasto con i consolidati orientamenti giurisprudenziali. Nelle motivazioni depositate lo scorso febbraio, la Corte ha chiarito che la durata del contatto fisico non è un criterio decisivo per valutare la gravità dell’atto né la sua natura lesiva. 

“È pacifico in giurisprudenza che la condotta di violenza sessuale ricomprende qualsiasi atto finalizzato a porre in pericolo la libera autodeterminazione della sfera sessuale, ancorché fugace ed estemporaneo,” si legge nel provvedimento.

Inoltre, la Cassazione ha sottolineato come la sorpresa e il frastornamento possano sopraffare la volontà della vittima, rendendola incapace di reagire. Questo fenomeno, noto come freezing (blocco emotivo), è stato ampiamente documentato nella letteratura scientifica e spiega perché molte persone rimangono immobili di fronte a situazioni imprevedibili e traumatiche.

Il contesto conta più del tempo

Un altro aspetto cruciale evidenziato dalla Suprema Corte riguarda l’importanza del contesto. Secondo i giudici, valutare esclusivamente le parti anatomiche coinvolte o la durata del contatto corporeo rischia di trascurare elementi essenziali per comprendere la dinamica degli eventi.

Nel caso specifico, la hostess si era recata dall’ex sindacalista per discutere di un problema lavorativo, mantenendo in mano una cartellina con documenti per tutto il tempo. Tale scenario, secondo la Cassazione, dimostra come la donna fosse “rimasta del tutto disorientata e sguarnita rispetto ai comportamenti dell’uomo”.

La Corte ha inoltre ribadito un principio già consolidato: chi agisce deve acquisire esplicitamente il consenso del destinatario degli atti sessuali, senza presupporlo sulla base del contesto o della brevità del gesto.

Verso un nuovo processo

Il 24 giugno 2024 si terrà il nuovo processo d’appello a Milano, che dovrà tenere conto delle indicazioni fornite dalla Cassazione. L’ex sindacalista, difeso dall’avvocato Ivano Chiesa, dovrà affrontare nuovamente le accuse alla luce dei principi enunciati dalla Suprema Corte.

Per la parte civile, rappresentata dall’avvocata Teresa Manenti, questa decisione rappresenta un passo importante verso il riconoscimento della gravità degli atti subiti.

Un segnale forte per la società

La sentenza della Cassazione non solo riapre il caso, ma offre un contributo significativo al dibattito sul tema della violenza sessuale, sottolineando l’importanza di interpretare i fatti alla luce di parametri giuridici moderni e sensibili alle dinamiche psicologiche delle vittime.

Come scrivono gli ermellini, “non esiste un modello di reazione o un modello di vittima”: ogni caso va valutato nel suo contesto, evitando stereotipi o semplificazioni che rischiano di ledere ulteriormente i diritti delle persone coinvolte.

Questa decisione rappresenta dunque un monito per i tribunali italiani, invitandoli a riflettere attentamente sugli scenari complessi che possono emergere in casi di violenza sessuale, garantendo al contempo giustizia e dignità alle vittime.

La vicenda giudiziaria dell’ex sindacalista di Malpensa diventa un precedente significativo per il sistema giudiziario italiano, riaffermando l’importanza di una visione ampia e multidimensionale della violenza sessuale. Un invito a tutti – giudici, avvocati e cittadini – a guardare oltre i pregiudizi e a concentrarsi sui principi di consenso, contesto e autodeterminazione individuale.